Se mi sei vicino (If you are close to me), opera del 2006, la chiedono in molti. I festivals, le rassegne di arte digitale e nuovi media se la contendono, ma non sempre è facile averla. Sonia Cillari, l’autrice, racconta che l’unità messa a punto per questa installazione interattiva/performance è un pezzo unico la cui natura è così complessa da scoraggiare una possibile duplicazione per portare il lavoro in più luoghi contemporaneamente. Una piattaforma sensoriale su cui il visitatore si posiziona, diventando contemporaneamente attore, performer e spettatore delle proprie azioni, che si trasformano in forme geometriche e linee attorno al suo corpo e ai suoi movimenti, visibili attraverso le ampie proiezioni a parete attorno a lui.
Il nucleo di “Se mi sei vicino” e la sua fascinazione stanno nell’estrema semplicità ed efficacia della forma e nella libertà del pubblico nell’essere protagonista e performer dell’installazione. Questa è una delle esperienze emblematiche dell’attività di Sonia Cillari. Italiana d’origine, europea d’adozione, ha un curriculum notevole: laurea a pieni voti in Architettura all’Università Federico II di Napoli, varie specializzazioni tra Roma e Parigi, un Master in Digital arts alla Pompeu Fabra di Barcelona. È stata la prima artista straniera, a fare arte interattiva, ad essere invitata per una residenza alla Rijksakademie di Amsterdam, una delle accademie più rinomate al mondo.
La formazione in architettura è fondamentale per lo sviluppo dei suoi progetti, nell’interpretazione dello spazio e degli strumenti a disposizione. Eppure quello che fa la rende molto più vicina al ruolo di artista che a quello di architetto, proprio perché nei lavori che sviluppa le scelte e le ricerche, svolte nel campo della scientificità e del rigore tecnico, sono principalmente orientate a sfere altrettanto rigorose ma molto più imprevedibili e modificabili quali quelle della coscienza e della percezione.
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Dice Sonia: il corpo è dunque inteso come space-centered, si colloca nello spazio che non è un inerte recettore, bensì un nucleo generatore; il rapporto tra spazio, corpo e mente è un’interazione infinita e continua.
Se questa è la premessa, si arriva naturalmente all’idea di corpo come oggetto e soggetto. spiega l’artista .
La necessità di comunicare e di connetterci è certamente il nodo che sta alla base di tutto il lavoro e la ricerca della Cillari. L’indagine sulle architetture spaziali e sulle modalità con cui esse si costruiscono attorno al corpo umano e sull’interazione con esso si fonda sul modo in cui ricostruiamo l’interno e l’esterno attraverso il nostro sistema sensoriale, in che modo ne siamo coscienti.
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Lo studio dei modelli evolutivi e degli ambienti interattivi sviluppa questi concetti chiave, e numerosi esempi del lavoro di Sonia Cillari, a partire dalle prime ricerche più orientate alle applicazioni computer-based, come Isola Model (www.soniacillari.net/isola-morphing.htm , 2001) o Box01 (www.soniacillari.net/box01.htm , 2001), fino alle ultime opere che coinvolgono direttamente il corpo del performer o dell’audience, come e_motive ( www.soniacillari.net/e-motive.htm , 2003), Wooing disruption (www.soniacillari.net/wooing-disruption.htm, 2005) o Conscious Space 01 (www.soniacillari.net/conscious-space.htm, 2005), ne sono concrete testimonianze.
L’ultimissimo progetto di Sonia è la performance interattiva Don’t feel you are alone, che si realizza nella forma di una ginoide priva di qualsiasi tipo di memoria, vuota come una scatola da riempire. Sarà un’interfaccia che nell’arco di due settimane, in diverse città, farà esperienza nell’interazione con lo spazio e le realtà che la circondano, fino ad essere completamente riempita di inputs. Da questo punto in poi avrà una memoria che le permetterà di costruire e un corpo per esprimere outputs. Questo lavoro sarà sviluppato nell’arco di sei mesi. Il progetto è attualmente inedito e si trova ancora in fase di elaborazione e ricerca sponsors.
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Nell’idea di “Don’t feel you are alone”, si esprime a pieno il concetto di corpo come soggettività e un’interpretazione dell’interattività molto diretta ed immediata: Sonia Cillari si dice contraria all’idea di interattività così come è concepita oggi. spiega Sonia <è così estesa da dare a tutti la possibilità di produrre. La tecnologia si basa sul fatto che produce e proprio per questo è uno strumento molto potente. Attualmente, un pezzo di new media è spesso semplicemente un’applicazione tecnologica, un vuoto esperimento. Molte volte mi chiedo cos’è questo pezzo, che cosa mi dice>.
Riflettendo in modo molto radicale sul significato e su quello che trasmette un’opera d’arte, Sonia considera come una parte di new media art non sia ormai più “personale”, avendo perso completamente il senso della persona e spingendo al massimo il concetto di “user”. Ed è proprio per superare questo concetto puramente funzionale che la tecnologia, secondo la Cillari, dovrebbe essere usata ad un livello primitivo, come mezzo di espressione e non come fine ultimo.
Le sue opere sono, quindi, qualcosa che ci serve per renderci coscienti e sviluppare la nostra consapevolezza critica. riflette la Cillari <è diventato difficile per un artista esprimere quello che ha provato. Essa è un mezzo generoso, ma l’opera è tale nel momento in cui diviene pubblica, quando arriva, quando riesce a trasmettere il messaggio. Per questo rispetto molto l’arte che ha funzione sociale>.
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Ne consegue che l’interazione si realizza perfettamente nel lavoro di scambio tra l’opera che l’artista ha progettato e la presenza della persona che ne fruisce. L’unica istruzione che il visitatore riceve di fronte alla piattaforma di Se mi sei vicino è quella di salirvi; da questo punto in poi la sua libertà è pressoché assoluta, perché l’importante sta nel modo in cui il pubblico si perde nell’opera e non nelle modalità con cui si attiva l’interazione.
A proposito della libertà dell’audience, Sonia Cillari sottolinea: <È nel momento in cui il pezzo è performato che la sua magia arriva al 100%. Tu sai che ti arriva ed è come una magia. Non è importante la verità, la verità è quella che noi abbiamo dentro. L’arte deve essere teatro dell’esperienza: è come quando incontri qualcuno che ti piace e ti emoziona>.
Questo discorso si riferisce non soltanto ai nuovi media, bensì appartiene alla concezione più ampia di arte. Il creativo che pensa l’interazione, la disegna, attraverso l’interaction design rappresenta la sfera di possibili variazioni in cui le persone potranno fare esperienza del pezzo. C’è ovviamente una limitazione, ma è basata sul fatto che qui l’artista, come il pittore con i pennelli e la tela, ha la necessità di utilizzare un linguaggio e cerca quali siano le linee guida per il suo pubblico. Se il disegno è fatto bene la sfera sarà ampia.
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Sonia Cillari è molto chiara: non serve parlare di tecnica, seppur fondamentale e preziosa. La sua posizione è al confine tra arti e tecniche, architettura e danza, i nuovi media e la magia del sentimento e della partecipazione. Questa linea di confine le piace perché quando si lavora con la tecnologia ritiene sia bene non perdere di vista l’aspetto umano delle parti.
Ai festivals, preferisce i musei e le gallerie, però quest’anno parteciperà ad Ars Electronica, per cui ha vinto la “Honorable Mention” nella sezione “Interactive Art”. Le hanno già assicurato che avrà una stanza tutta sua, dove spera di mostrare al meglio il pezzo, senza disperderne la magia.