I Pipslab incarnano tutto ciò che non ti aspetteresti mai dall’arte elettronica performativa contemporanea. Irriverenti, folli, imprevedibili e antiestetici ma allo stesso tempo fortemente comunicativi, artisticamente consapevoli e tecnologicamente avanzati, nella loro concezione di artisti al servizio di una quanto più completa esperienza diretta del pubblico presente ai loro show.
Sì perché questo collettivo di ben 7 ragazzi di base ad Amsterdam, è uno dei pochi gruppi artistici elettronici che sono oggi efficacemente in grado di unire alcuni concetti base fino a oggi rimasti spessso isolati gli uni dagli altri: multimedialità artistica, utilizzo di diverse forme e fonti espressive, componente performativa e teatrale e interattività. Interattività per l’appunto, uno dei temi cardine su cui si discute oggi nell’ambito delle arti elettroniche, riconosciuta da molti come la nuova frontiera che sarà forse in grado di portare la cultura e l’arte digitale a un livello di maggior contatto con un pubblico, a sua volta molto più consapevole e maturo di solo 5 anni fa. Dell’interattività i Pipslab ne hanno fatto un elemento cardine del loro dogma (che, mi dicono, sarà presto pubblicato sul loro sito), l’unica forma che questi ragazzi, provenienti da esperienze diverse, dal teatro alla musica, dalla pittura/grafica al cinema, hanno per comunicare con il pubblico presente ai loro spettacoli, un’esigenza questa che sembra far parte profondamente del Dna e del carattere di ciascuno di loro.
Chi ha avuto la fortuna di assistere al loro show Washing Powder al festival Audiovisiva di Milano ha compreso come l’elettronica possa essere molto diversa da come siamo ormai abituati a fruirne; se infatti Washing Powder è uno spettacolo in cui l’elemento interattivo è limitato agli artisti sul palco mediante la stessa tecnologia basata su sensori a percussione e luminosi, tecniche di motion traking, live recordings e ri-campionamento in tempo reale, i Pipslab si esibiscono in mezzo al proprio pubblico, coinvolgendolo direttamente, registrandolo immagini live e costruendo i visual dei loro spettacoli con il materiale ottenuto. Questo accade in lavori di stampo teatrale e performativo come Wortal Combat, in forme avanguardiste di vjing interattivo come il progetto Lumasol o anche in installazioni video-luci come quel Luma2Solator che sarà forse presente al festival Peam 2005 di Pescara.
Affascinato dal loro approccio assolutamente innovativo alla electronic art ho avuto il piacere di conoscerli e di fare due chiacchiere con tutti loro contemporaneamente. Un’intervista folle, incontrollabile, spontanea, discutendo di interattività ed emozioni, di tecnologia e creatività, tra un sorso di birra e una risata, per provare solo a capire quale sarà il futuro delle arti elettroniche performative e per provare a penetrare all’interno del loro mondoi. Perchè in fondo , come loro stessi dicono: “Fuck the Pipslab, audience is the artist!”.
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MK: Per iniziare, visto che in Italia non siete molto conosciuti, vorrei sapere quando vi siete incontrati e quando avete deciso di iniziare il progetto Pipslab, quali sono i punti di partenza del vostro lavoro e quali i vostri obbiettivi.
Pipslab: Beh, ci siamo incontrati nel 1999, inizialmente eravamo in tre, un musicista, un pittore e un attore di teatro. Abbiamo deciso di fondare un collettivo di sperimentazione artistica, al quale hanno presto aderito altri membri provenienti da esperienze in altre discipline artistiche, fino a formare il gruppo attuale chiamato Pipslab formato da sette membri. Il nostro obbiettivo primario è di esprimerci attraverso le tecnologie elettroniche in differenti campi, con modalità crossover che espandono le nostre singole conoscenze nelle rispettive aree di interesse; dal teatro alla musica, dai video all’interaction design, inteso letteralmente come progettazione dell’interazione, un ponte, un legame effettivo e concreto tra differenti media, nonchè tra noi e il pubblico. Ci piace lavorare con le persone presenti ai nostri spettacoli, con l’audience in modo diretto, per creare un legame con loro differente di volta in volta
MK: Siete un collettivo formato da tanti elementi, ognuno con un approccio artistico e creativo differente. Come riuscite a dividere il lavoro e assegnarvi compiti precisi. Oppure queste divisioni sono meno nette di quanto appare vedendovi sul palco?
Pipslab: Effettivamente ognuno di noi ha competenze specifiche e un ruolo preciso nel complesso. C’è un attore, un musicista di elettronica, un batterista, un visual artist, un regista e così via. Nello stesso tempo Pipslab è un laboratorio in cui ognuno di noi si confronta con gli altri, si connette con gli altri, allo scopo di espandere le ristrette conoscenze delle discipline a lui più familiari. Ci influenziamo, apportiamo differenti esperienze e approcci artistici, allo scopo di osservare quali nuovi strutture siamo in grado di creare da un livello di partenza ogni volta diverso. Ogni progetto, in questa ottica, è chiaramente un processo molto lungo, richiede lunghe riunioni e confronti continui. Ci sono moltissime idee, in costante mutamento, con l’obbiettivo primario di progettare come musica, video, teatro e interattività possano essere convogliati nella stessa direzione.
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MK: La vostra produzione artistica annovera alcuni spettacoli assolutamente innovativi. Dal Wortal Combat al Washing Powder, dall’installazione Luma2Solator al vjset Lumasol. Volete descrivermi questi progetti?
Pipslab: Il Wortal Comabat è essenzialmente uno spettacolo di teatro, secondo il nostro punto di vista ovviamente. Può essere considerato in realtà come un game-show interattivo multimediale, in cui il pubblico è direttamene coinvolto nel giocare e diventare parte attiva dello spettacolo. Noi come Pipslab abbia un dogma, secondo il quale tutto lo spettacolo deve assolutamente essere riprodotto dal vivo e richiedere l’interattività sia tra di noi che tra noi e l’audience presente. E’ chiaramente tutto piuttosto difficile da controllare anche se lavorare con le persone è molto più facile di quanto si pensi: è facile infatti prevedere il comportamento del pubblico quando sai come “trattarlo”, usando i toni giusti, l’enfasi migliore, toccando la gente se necessario, metterla a proprio agio. Noi crediamo fortemente nel concetto di “usare” il pubblico, non di “abusare” del pubblico. Lo stesso vale anche per lo spettacolo Washnig Powder, anche se in questo caso non c’è interattività con il pubblico ma soprattutto interattività tra di noi sul palco.
Le tecniche utilizzate in entrambi gli spettacoli sono le stesse: suoniamo e recitiamo, utilizziamo costantemente dei sensori, siano essi sonori o luminosi, tutto viene registrato in presa diretta da uno di noi sul palco (o tra palco e pubblico), mediante tecnologie di motion tracking, e inviato al computer dove tutto il materiale viene ri-campionato, ri-masticato, ri-combinato per ottenere un nuovo prodotto audiovisivo.
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MK: E cosa mi dite di Luma2Solator e del Lumasol? Potrebbero essere considerati finalmente come la nuova agognata frontiera del vjing ormai giunto ad un agonizzante stato di ripetitività?
Pipslab: Luma2Solator è effettivamente più un’installazione come sai bene quando ci hai chiamato per il Peam 2005. E’ un’installazione basata sul concetto di visual graffiti, che in parte utilizziamo anche all’interno del Washing Powder show. Ma in Luma2Solator l’audience è realmente parte dell’installazione. Mediante quindi delle tecniche sensoriali luminose, catturiamo in tempo reale i graffiti creati dalla gente e li riutilizziamo all’interno dell’installazione stessa; dopo poco tempo siamo infatti ricchi di immagini da utilizzare e alla fine di una serata di queste immagini ne abbiamo raccolte migliaia, che possiamo poi utilizzare ancora in un altro momento. Il Lumasol è invece realmente una forma di vjing interattivo in cui utilizziamo una tecnica chiamata “Luma light” sulla base delle teorie di Picasso della lumasol appunto, come processo di puro divertimento con la luce. Mediante quindi delle semplici telecamere digitali, andando avanti e indietro tra pubblico e stage, utilizzando dei nostri specifici software, riusciamo a campionare in tempo reale le immagini e i graffiti luminosi catturati tra i pubblico e utilizzarli per il vjing della nostra serata. Tutto questo è assolutamente nuovo e il pubblico rimane sempre estasiato, perché finalmente coinvolto in prima persona in ciò che accade.
A nostro avviso la differenza principale tra noi e la maggior parte degli altri artisti sta comunque nel nostro approccio all’arte elettronica. Noi amiamo esporci in prima persona, amiamo rischiare, vestirci in modo folle, usare molta ironia nei nostri show, dialogare costantemente con il pubblico. Non siamo più disposti ad accettare quegli artisti che si muovono come pupazzi dietro a dei laptop, non c’è fisicità nella loro arte. Nel nostro dogma, i mezzi che usiamo e le tecniche su ci appoggiamo devono rimanere oscure e nascoste, ma nello stesso tempo devono servire per rendere chiaro quello che facciamo e cosa vogliamo comunicare
MK: Quali sono quindi le linee guida che accomunano tutti i lavori: il live recording visual, l’interattività, l’utilizzo sfrontato di elementi commediali o cos’altro ancora?
Pipslab: Beh, come dici tu, tutti questi elementi sono sicuramente presenti e per noi importanti. Aggiungeremmo che ci piace il concetto di assumersi costantemente dei rischi, di mettersi in gioco e di dare il massimo come artista, senza compromessi. Cerchiamo di non essere mai noiosi e banali e vogliamo dare sempre un’idea al pubblico quanto più chiara e trasparente di ciò che stiamo facendo.
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MK: Osservando quindi tutta la vostra produzione mi sembra che il concetto di interattività, tra di voi o con il pubblico, mediante l’uso di sensori, sia per voi fondamentale. Pensate che l’interattività sia la vera strada che nel futuro consentirà una maggior coinvolgimento delle persone nei confronti delle arti elettroniche performative?
Pipslab: Sì, siamo certi che l’interattività sia il futuro, un concetto che diventerà sempre più importante nel prossimi tempi. Se vuoi rendere il pubblico parte dello spettacolo devi lavorare sull’interattività; se tutti capiscono e sono parte attiva in ciò che stai facendo, ne saranno automaticamente coinvolti, anche emotivamente. Noi non vogliamo indottrinare il pubblico, vogliamo essere compresi, questo sì, nel rapporto multimediale tra musica, video e teatro che caratterizza i nostri show. E vogliamo soprattutto guidare la gente fuori dal gregge (la parola usata, intraducibile, è “desheeping”), farle comprendere che esiste anche un altro modo di fruire l’arte elettronica.
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MK: Un numero crescente di persone pensano ormai che molti progetti anche famosi di arte elettronica non abbiano più molto da dire, e che anzi spesso siano banalmente noiosi, senza reali emozioni, dei puri esercizi stilistici. Come avete detto voi non è più così accettata l’idea di vedere un’artista dietro un laptop che schiaccia bottoni o muove il mouse in modo tale da riprodurre suoni e video…
Pipslab: Sicuramente la fisicità è importante, anche se un prodotto alla fine deve comunque essere innanzitutto un buon prodotto. L’interattività aiuta anche ad aumentare questo senso di fisicità, sicuramente. Hai ragione comunque, l’essere dei laptop artisti oggi è sempre meno accettato da un pubblico che è sempre più attento, informato su ciò che accade nel mondo dell’arte elettronica e quindi esigente. Il laptop ha dimostrato una strana tendenza a isolare l’artista dal pubblico, a farlo chiudere su se stesso. Forse il futuro potrebbe essere l’utilizzo di un laptop trasparente o l’utilizzo di specchi, per far vedere cosa accade al di là del monitor (ridono). Al di là degli scherzi, penso che il nostro modo di approcciare una performance di elettronica, con l’uso di sensori e l’interattività da associare a una forte componente multimediale, è in grado di dare un’alternativa a chi inizia a soffrire questo malcontento.
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MK: Anche il concetto di liveness, di esposizione artistica dal vivo, sta subendo un processo di questo tipo agli occhi di un pubblico sempre più consapevole.
Pipslab: Sì, anche in questo caso siamo d’accordo. E’ molto più eccitante rischiare e dialogare con l’audience. Comunque la nostra idea è che la resa dei nostri spettacoli nasca in prima istanza dal fatto che non partiamo mai, progettando uno show, da una sola disciplina alla quale gradualmente aggiungiamo le altre. Si tratta sempre di un processo molto più organico, in cui ciascuno di noi porta le sue sensazioni nei confronti delle macchine e di come poter ottenere una resa live del nostro lavoro
MK: Com’è oggi essere un artista come voi in una città come Amsterdam e in una nazione come l’Olanda, da sempre all’avanguardia per quanto riguarda le tecnologie applicate alle arti
Pipslab: Guarda, la situazione in Olanda, come in altre parte del mondo, paradossalmente non è molto buona. Sì, è vero, c’è molto da lavorare, ci chiamano ai festival, alle serate, c’è attenzione da parte delle istituzioni. Ma il pubblico non è sempre così recettivo. Il problema è infatti che in Olanda la gente ha già visto molto; sono soddisfatti, appagati da ciò che hanno sperimentato in tanti anni. Tutt’altro impatto abbiamo in paesi come l’Italia. Ma la cosa importante è di cercare comunque e sempre di rimanere noi stessi, di proseguire nel nostro lavoro, senza troppi compromessi.