Arriva un pacco a casa vostra. Anonimo. E come tutti i pacchi consegnati direttamente a casa vostra, e solo per voi, sembrerebbe alludere ad un regalo, una sorpresa o un invito di uno sconosciuto. O un pacco bomba? Non è un pacco bomba, ma come il ticchettio del timer degli ordigni ha qualcosa a che fare con il tempo e con un evento che deve compiersi. Ma non esplode. Ricorda il countdown di capodanno. E’ dorato, e il riferimento a qualcosa di mondano potrebbe essere intuitivo. Dà degli indizi. Il pacco è capace di darvi dei messaggi e lo fa a intervalli di tempo. Vi tiene sulle spine. Bastardo. Che cos’è? Credo se lo siano chiesto tutti i giornalisti e le personalità della moda a cui è stato recapitato. 500 invii.
Un invito. Per un party. A New York. In occasione della nuova collezione donna di quella mattacchiona di Stella McCartney. Ma i mattacchioni sono loro gli interaction designers che giocano con la tecnologia e con la sua capacità di sorprendere senza esplodere. Oppenheimer forse ci rimarrebbe male. Ma loro sono dei pacifisti e la tecnologia la usano con buon senso ed ironia. Allora che cos’è? Lo abbiamo chiesto a Massimo Banzi, professore di Physical Interaction Design all’Istituto di Interaction Design d’Ivrea, progettista del “pacco”, ovvero del gadget che ha realizzato in occasione della presentazione della nuova collezione sportiva Adidas by Stella McCartney. “Era semplicemente un oggetto dotato di un dispositivo che lo rendeva capace, in 11 ore di countdown, di segnalare i dati dell’evento in questione ed altri dettagli fino alla morte della batteria”.
![]() |
.
Immaginiamone già gli sviluppi. Per rimanere sempre nel mondo della moda, degli indizi, della sorpresa e in merito ai progetti realizzati da Banzi andiamo a Firenze. In occasione della fiera Pitti Immagine Uomo, tenuta dal 12 al 15 Gennaio a Fortezza da Basso, Firenze. Banzi e i suoi allievi dell’Istituto di Interaction Design di Ivrea, in collaborazione con Cliostraat Laboratorium, realizzano Cloud all’interno dell’evento La città della Parola. Cloud è un’installazione interattiva. Si presenta in apparenza come una nuvola blu pulsante, ma in realtà è una struttura composta da un centinaio di display Lcd sostenuti ed inseriti in involucri trasparenti in Pvc. Ogni singolo display permette la visualizzazione di un testo scorrevole. Il visitatore, immerso in questo alone blu, avrà la sensazione di interagire con parole sospese nel vuoto che lo guideranno nel percorso fino a rivelare il senso della narrazione: pensieri, concetti curiosità sulla moda e la sua storia. Un gioco fantasmagorico, dove la tecnologia si rende invisibile per aprire all’esperienza di navigare la parola, in un coinvolgimento multisensoriale dove il testo diventa spazio da visitare, scoprire, inseguire.
Beh, oltre che mattacchioni, e dotati di humour, sono capaci anche di fare poesia questi interaction designers. La tecnologia, non solo, non esplode, ma si fa da parte per evidenziare un “contenuto”. Contenuto frivolo, impegnativo o mondano che sia, la tecnologia sostiene le idee lasciandole libere, ma ben radicate alla possibilità di essere realizzate. Cloud è stata progettata da Massimo Banzi, Line Ulrika Christiansen e Stefano Mirti. Massimo Banzi segue i ragazzi aiutandoli a sviluppare l’aspetto più tecnico e spinoso legato all’utilizzo dell’elettronica nella realizzazione di progetti di interaction design, installazioni e oggetti interattivi. Banzi, al di là dell’insegnamento all’Istituto di Interaction Design di Ivrea, svolge anche lavoro di consulenza per designers e aziende private.