La tecnologia riveste un ruolo sempre più importante nella nostra esistenza. Macchine di ogni genere si sono rese indispensabili nella vita di tutti i giorni, alcune con un ruolo banale, altre destinate a lasciare un segno indelebile nelle nostre esperienze. Il computer viene sempre meno percepito come mera macchina da computazione, o strumento che sistematizza l’attività produttiva; nel tempo si è trasformata la percezione che abbiamo di esso e l’utilizzo che facciamo delle sue funzioni. Esso è parte integrante di noi, insinuandosi anche all’interno di sfere apparentemente lontane dal suo campo d’azione, quali quella sociale, artistica, dell’intrattenimento. La computerizzazione ha modificato, in qualche modo, il sistema sociale e con esso il sistema percettivo occidentale. Le consuetudini, le relazioni, l’ambiente, il ritmo di vita, i modi di agire, il linguaggio stesso sono irrimediabilmente trasformati; l’impatto storico è stato drastico e le cose non saranno più come prima. Forse il computer è ancora percepito più come uno strumento che come un agente di cambiamento del pensiero, ma è indubbio che si siano estese irreversibilmente le sue competenze.
Paul Virilio parla di una nuova ottica, una nuova prospettiva, che di fatto non sappiamo ancora a cosa porterà, se a qualcosa di positivo o di negativo; e chiama questo fenomeno stereorealtà. Il teorico francese dice che l’avvento delle nuove tecnologie e di una nuova sensibilità metterà l’essere umano di fronte alla necessità di dover gestire questa duplice realtà, fisica e virtuale. Le due realtà arriveranno ad avere nella nostra vita un peso sempre più comparabile; dal momento che cambia il nostro senso del tempo e dello spazio, cambierà anche il senso complessivo della realtà. La televisione, il grande medium a larga diffusione precedente alla rete, questo lo ha dimostrato chiaramente.
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Il computer ha assunto dunque un ruolo di natura pervasiva, anche nella comunicazione umana. La rivoluzione dei computer ha effetto su tutti gli stadi della comunicazione, in primo luogo sull’acquisizione, la manipolazione, la memorizzazione, e la distribuzione di contenuti. E influisce su tutti i tipi di media: testi, immagini fisse, immagini in movimento, suoni e costruzioni spaziali. Un esempio di ciò può essere un sito web: ogni sito consta di elementi testuali, visivi, sonori, che sono interpretabili a livello di contenuto secondo la logica umana; ma a livello costitutivo elementare ogni contributo del sito è ugualmente composto e rappresentato da dati digitali, da sequenze di 0 e 1. Il passaggio dall’analogico al digitale prevede la traduzione dei contenuti dei media preesistenti in dati numerici, accessibili attraverso computer: ciò avviene mediante una serie di processi che hanno conseguenze di carattere formale e sostanziale. E’ questo il fondamento dell’aggiornamento dei vecchi in nuovi media.
Lev Manovich, nel libro The Language of New Media tenta un’analisi del fenomeno dei media digitali, e introduce il termine “transcodifica culturale” riferendosi all’unione fra le forme della cultura digitale e la cultura tradizionale. La conseguenza del processo di trasformazione, cioè del processo di transcodifica dei media in dati digitali, è che lo stesso oggetto si manifesta sotto due diverse valenze: una culturale/umana, che si rifà alle nostre categorie di pensiero e una informatica, costituita da una riga di codice, scritto secondo la logica della macchina. I nuovi media sono dunque costituiti da due livelli, che si intrecciano e si influenzano; sono un’unione ibrida di significati umani e informatici. L’influenza di ciascuno dei due livelli sull’altro è la sostanziale conseguenza del processo di computerizzazione.
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Il passaggio da uno stato all’altro è spesso tema centrale nei lavori di creatività digitale. Una riflessione interessante riguardante il processo di traduzione dei dati mi pare sia quella presentata, in diverse installazioni e progetti, dal gruppo milanese Limiteazero.
Limiteazero è prima di tutto un progetto. Si pone come un laboratorio di sperimentazione e ricerca sulle nuove tecnologie e i sistemi di comunicazione ad esse correlati. E’ uno studio di architettura e media design composto da Paolo Rigamonti e Silvio Mondino. La loro attività riguarda l’esplorazione dei rapporti alternativi tra uomo, macchina e ambiente, nel tentativo di stabilire un approccio emozionale all’ambito digitale. Il loro lavoro potrebbe essere definito di creating engeneering, “ingegneria creativa”; usare cioè la tecnologia per scopi altri, magari semplicemente osservandone alcuni aspetti con occhio diverso. Il loro approccio non parte dalla cultura artistica o espressiva, quanto piuttosto dalla scienza e dalle teorie di filosofia della scienza.
Lavorando sul flusso dei dati, essi utilizzano il codice come materia da modellare, prima che diventi una forma riconoscibile a livello percettivo-sensibile, cioè quasi sempre una forma visiva o sonora; come se il punto focale stesse nella rappresentazione del movimento, del passaggio da uno stadio ad un altro, e non nella forma fisica finale che i dati assumono. Talvolta essi cercano di creare un collegamento fra le strutture matematiche che sono alla base della dimensione digitale, e le leggi della fisica che regolano ciò che noi definiamo come reale. E in questo passaggio fra le due dimensioni, operando delle trasformazioni, si possono verificare effetti che riconducono al fenomeno descritto dal secondo principio della termodinamica come “entropia”. Cioè, spesso in questo passaggio si verificano condizioni non previste, reazioni casuali inaspettate, dispersioni, e proprio queste diventano uno degli elementi interessanti del lavoro di Limiteazero.
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Ecco alcuni esempi che illustrano la traduzione di pacchetti di dati in formati diversi:
Min_mod [minimum_module]
L’installazione gioca fra dimensione digitale e fisica. Si tratta di un’installazione sonora, che crea un ambiente sensibile. Consiste in quattro laptop che generano quattro frequenze pure, all’interno di una stanza. Le informazioni sono quindi trasmesse ad amplificatori, che a loro volta passano i dati a quattro subwoofer. Quattro lastre metalliche, posizionate su ognuno dei subwoofer, vibrano, rendendo quindi apprezzabili le vibrazioni degli stessi. I “rumori” così prodotti sono quindi catturati da microfoni che ritrasmettono il suono ai computer che visualizzano la forma d’onda sugli schermi. Ovviamente in questa fase è possibile che rumori ambientali si mischino al “rumore” della vibrazione, “sporcando” in qualche modo l’emissione, e aggiungendo elementi non programmati; la visualizzazione così ottenuta porta dunque in sé un grado di entropia, di disturbo, formatosi nel passaggio da digitale a fisico e nuovamente a digitale.
8 bits
Il progetto cerca di investigare l’interpretazione dei dati Internet in una forma differente, anomala. Si inserisce nell’interfaccia dell’installazione l’URL che identifica i dati della risorsa che vogliamo utilizzare e che verranno monitorati per tutto il processo. L’Html del sito scelto viene trasformato in codice binario, cioè in sequenze di 8 bit ciascuna; gli otto canali così ottenuti vengono quindi passati attraverso altrettanti amplificatori, dove verranno individuate le cuspidi, che rappresentano gli uno, e le depressioni, che invece rappresentano gli zeri. Nel momento in cui passano questi 1 e 0 la membrana di otto amplificatori si muove, creando dei suoni che nascono dalle vibrazioni portate per l’appunto dagli 1 e 0 che costituiscono il codice, gli 8 bit dell’informazione; essi vengono visti come pieni e vuoti, e generano quindi in qualche modo un’esperienza spaziale. Dal punto di vista grafico questo lavoro utilizza solo il minimo indispensabile, per far così risaltare l’esperienza su cui si basa: il concetto di otto bit. Non c’è reinterpretazione in questo lavoro, ciò che si vede è ciò che è: pura rappresentazione sotto un’altra forma. Partendo dal codice Html si può, per così dire, “suonare un sito”.
The remains of you
E’ un’installazione interattiva che lavora sulla sintesi di immagini fotografiche. Un contenitore trasparente appeso alla parete ospita un computer dotato di webcam e un sensore di prossimità. La telecamera riprende costantemente lo spazio antistante ad essa. Nel momento in cui il fruitore tocca una bacchetta di metallo posta sulla scatola stessa, viene fermata l’immagine inquadrata in quel momento e si dà inizio ad un processo di sintesi della figura catturata; fino ad arrivare ad una definizione elementare dell’immagine stessa, attraverso la presentazione minima dei toni chiari e scuri.
Viene quindi creato un modello tridimensionale, che in realtà è stato ottenuto partendo dalla forma più elementare di un’immagine bidimensionale, cioè le sue zone di luce e di ombra.