“Quello che fino a poco tempo fa era incredibile, è già un fatto acquisito. La gente è affascinata e nello stesso tempo inorridita dall’influenza del computer sul design: è come discutere dell’influenza del telefono sulla comunicazione. Sono discussioni prive di fondamento. Verrà presto il momento in cui un idraulico non avrà più bisogno di andare dal grossista di tubi per comprare un particolare raccordo che gli serve per fare una riparazione: gli basterà scendere nel suo furgone per scaricarlo direttamente dal computer. Non è poi un’idea tanto più fantascientifica del fax”.

Parola di Ron Arad, il primo designer a utilizzare le tecnologie di prototipazione rapida a fini creativi.
Arad, forse più conosciuto al pubblico internazionale per la sua famosa libreria a forma di bruco, chiamata “Bookworm” (“Libro-Bruco”), mostrò per la prima volta i risultati di questa sua nuova ricerca nel 2000 con la serie di progetti Not Made by Hand Not Made in China, presentati allo Studio Marconi di Milano, in occasione del Salone del Mobile. All’epoca apparve un episodio isolato e distante da concrete opportunità di diffusione; oggi le cose sembrano andare in modo già molto diverso e non è escluso che “stampanti tridimensionali” possano far parte del corredo tecnologico in dotazione alle future generazioni di progettisti e creativi.

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Il Rapid prototyping è costituito da una serie di tecniche che, partendo da un modello CAD, ricostruiscono degli oggetti utilizzando procedimenti, rapidi, flessibili e altamente automatizzati. Con il rapid prototyping (RP) un prototipo industriale può essere realizzato in tempi che vanno dalle poche ore a un massimo di alcuni giorni, senza nessun ausilio di attrezzature. Questa tecnica consente di materializzare più velocemente la forma fisica di quanto i progettisti disegnino sul computer, senza dover affrontare i costi e i rischi della realizzazione di un prototipo vero e proprio, ma soprattutto offre la possibilità di realizzare in tempi ridottissimi un prototipo in un’ampia gamma di materiali, indipendentemente da forma e complicazione geometrica. Diversamente dai sistemi tradizionali che funzionano per sottrazione di materiale da un blocco unico, i sistemi di RP costruiscono i prototipi per strati, con aggiunte successive di materiali. Il primo passo è la realizzazione del disegno CAD. Successivamente il modello viene elaborato secondo una tecnica standard che porta alla tassellizzazione (mesh) dell’oggetto, scomponendo tutti gli strati in una successione di triangoli, più o meno fitta a seconda della curvatura della superficie. Questo processo dà origine ad un file binario di tipo ASCII detto STL (da StereoLithography) che successivamente, attraverso un’operazione detta slicing, eseguita dal calcolatore che controlla la macchina di prototipazione, viene sezionato in più piani paralleli che consentono la ricostruzione dell’oggetto.

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Dall’idea pionieristica di Charles W. Hull, datata 1982, è nata 3D Systems Inc., società americana capostipite del settore e, cinque anni più tardi, il primo apparato per la stereolitografia, la SLA-1. Da allora un numero sempre più elevato di progettisti si è accostato al mondo ed al mercato della Prototipazione Rapida, favorendone l’evoluzione in termini di diffusione e di prestazioni. Il fascino e le potenzialità di questa ricerca hanno dato impulso allo sviluppo di tecnologie analoghe come il selective laser sintering (SLS), il fused deposition modeling (o FDM), il laminated object manufacturing (LOM) e molte altre, che hanno liberato progettisti e aziende dagli onerosi vincoli della produzione aprendo possibilità creative insospettate grazie anche a programmi sempre più sofisticati di modellazione tridimensionale e disegno digitale per realizzare oggetti a partire da una geometria definita elettronicamente senza mai passare attraverso la costruzione manuale, diretta, sulla materia.

La tecnica Rapid Form è ancora piuttosto dispendiosa, tuttavia i costi sono inferiori a quelli che si dovrebbero sostenere se si andasse da un modellista, che lavora in modo sostanzialmente artigianale. Questo passaggio di trascrizione diretta vede svanire quindi la figura del modellista e creatore di prototipi: una figura che tradizionalmente partecipa al processo creativo aggiungendo il proprio tocco personale a quello del designer controllando manualmente la trasposizione fisica del progetto. Lo sviluppo di queste applicazioni cresce esponenzialmente in direzione di una produzione sempre più rapida, economica e flessibile. I processi di RP , infatti, associati a Internet consentono di trasmettere a distanza file digitali contenenti i progetti per la produzione ‘on demand’ , in altre parole e–Manufacturing.

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In un certo senso è come se le macchine di RP funzionassero da stampanti tridimensionali dei file. Certo, sotto l’aspetto più puramente industriale, queste tecnologie hanno già cambiato l’organizzazione dell’intero processo produttivo, tuttavia le potenzialità di generazione della forma sono una questione ancora tutta da definire. Oggi possiamo ritenerci in una fase in cui le tecnologie di RP sono considerate a pieno titolo mezzi per lo sviluppo rapido dei prodotti e delle attrezzature. Tutto ciò apre una prospettiva in cui è possibile concepire cose che in altro modo non sarebbero immaginabili; esattamente come un organismo che si costruisce per stratificazioni successive, questi oggetti incarnano il modello organico della crescita. Siamo ben lontani dai meccanismi di produzione in serie in cui la macchina stampa migliaia di esemplari tutti uguali, senza nessuna possibilità di cambiamento in corso d’opera. Si tratta evidentemente di tecnologie che prospettano nuovi scenari non solo nella realizzazione dei modelli, ma anche e forse soprattutto nelle possibilità virtualmente infinite di creazione di forme.


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