La workshop unit Roma & Urban Superbia: Drawing the Invisible si è svolta a Roma dal 13 al 17 dicembre 2011, in quanto rientra nel workshop internazionale sulla città dal titolo Urban Transcripts 2011: Roma, la città accidentale.
La workshop unit Drawing the Invisible è stata creata e condotta da me (membro, inoltre, della commissione curatoriale della commissione per la revisione del progetto) in qualità di guest tutor responsabile per lo sviluppo di metodi creativi di ricerca, esplorazione, analisi e design urbani (compresa l’organizzazione delle fasi del workshop), insieme alla dott.ssa Claudia Faraone, in qualità di host tutor responsabile della struttura tematica del workshop (Superbia/Orgoglio), e dell’organizzazione e gestione dell’esplorazione in un giorno di Roma. [1]
Il workshop è stato accreditato, dal punto di vista accademico, dall’Università degli Studi Roma Tre e si è svolto presso i suoi studi DipSU. Tra i partecipanti al workshop, era presente anche un gruppo internazionale di studenti aventi una formazione nel campo dell’architettura, dell’urbanistica, dei media digitali e non solo. Hanno partecipato al workshop: Gebriel Admassu Askabe (Politecnico di Milano), Aslihan Ay Güngör (Istanbul Technical University), Sepideh Farjami (Politecnico di Milano), Kyriaki Goti (Aristotle University of Thessaloniki), Surajkumar Nandakumar (Politecnico di Milano), Zohreh Shaghaghian (Politecnico di Milano) e Gregory Tsarouhas (Democretian University of Thrace).
Attraverso innovativi metodi interdisciplinari applicati alla ricerca urbana, sono state esplorate una serie di questioni e temi legati all’urbanità con riferimento alla particolare geografia della città di Rom. Uno dei principali obiettivi dei partecipanti era quello di ottenere una visione “acuta”, per considerare la città come un complesso sistema interattivo. Il workshop ha consentito lo sviluppo di strategie di collaborazione che hanno sfidato i tradizionali metodi di analisi urbana ed i confini disciplinari, stimolando la creatività e l’originalità.
Fra i principali elementi pedagogici del workshop vi è l’esplorazione urbana, una serie di sessioni di gruppi di lavoro e di seminari integrati da varie attività come conferenze, una mostra ed eventi mondani. I risultati del workshop sono stati illustrati a un elevato numero di professionisti e a un pubblico di non addetti il 17 dicembre 2011, nel corso della mia presentazione del progetto di lavoro Drawing the Invisible alla conferenza Urban Transcripts 2011 e alla mostra Urban Transcripts 2011 (Urban Center Roma XI, Roma).
Lo scopo di Transcripts [i.e. Manhattan Transcripts] era preciso: descrivere gli elementi che solitamente vengono eliminati dalle tradizionali rappresentazioni architettoniche, cioè la complessa relazione tra gli spazi ed i loro usi, tra set e copione, tra tipologia e programma, tra oggetti ed eventi… oltrepassando la tradizionale definizione di uso e di programma, i Transcripts hanno utilizzato il loro formato provvisorio per esplorare improbabili confronti. [2]
Nell’ambito della workshop-unit Drawing the Invisible, il “confronto” appena citato è stato esplorato poiché si verifica fra una superbia urbana in evoluzione e la nozione di interstizialità. Nell’ambito della città di Roma, “superbia” è sinonimo di “orgoglio” e caratterizza i luoghi “alti”, privilegiati, esclusivi che hanno un’autorità fisica e visuale, ma anche storica e sociale sulla città. Spesso la superbia viene percepita come qualcosa di visibile, tracciabile su una mappa, conosciuta, controllata, a volte emergente, in quanto gerarchica nello spazio urbano e nel territorio. Ma, la nozione di interstizialità che emerge caratterizza la crescita disorganica della città e la nostra vita nelle città contemporanee con la sua elusività, sempre in evoluzione e accidentale.
L’accidentale è reso manifesto attraverso i contrasti e la complessità delle forme urbane in relazione allo skyline della città e al loro contesto. Il confronto tra superbia e interstizialità è stato analizzato scoprendo ed esplorando le interfacce, le interazioni, i conflitti e gli scambi che precedentemente non erano stati né visti né notati tra gli strati spaziali, informativi, architettonici e culturali della città che destano preoccupazioni e che possono essere in vari modi fattori aggreganti o disgreganti.
Il disegno è stato utilizzato non solo per “interpretare” e “districare” ogni strato che costituisce la città di Roma attraverso rilevamenti visuali analitici basati sull’osservazione diretta di tutto il tessuto urbano, ma è stato utile anche per proporre interventi sulla città, dedicandosi a quelli che possono essere definiti inter-siti, no-siti e para-siti. Drawing the Invisible ha dato la possibilità ai partecipanti al workshop di sfidare i confini spaziali e disciplinari allo stesso modo, sviluppando approcci innovativi basati sul disegno attraverso l’uso di media diversi.
I partecipanti al workshop hanno a che fare con la città sia a “macro” livelli (panorama/cityscape) sia a “micro” livelli (quartiere, singolo edificio, location specifica) che vanno dalla forte materialità urbana della città alle sue zone liminali, sia in senso fisico sia in senso astratto, focalizzandosi su quartieri ad-hoc o “nomadi”, sui vuoti urbani, sulle comuni risorse della città a cui si può accedere liberamente, su luoghi che non hanno proprietà, sull’invisibile cityscape digitale con i suoi alti e bassi non lineari, ecc., oppure in contrapposizione alla scienza e alla tecnologia (come si nota negli edifici più audaci), nel panopticon invisibile e nei sistemi di sorveglianza, negli edifici statali presenti in tutta la città e, infine, nel purismo e nell’idealismo di certi frammenti urbani.
Drawing the Invisible ha consentito ai partecipanti di estendere e di trasformare la nozione di panorama per ottenere un processo interpretativo di ricerca urbana che agisca come un “disegno operativo”. La nozione di “trascrizione” ha ispirato lo sviluppo di strategie combinate di disegno, stratificazione e ricerca urbana che si servono di vari strumenti e processi di visualizzazione, documentazione e output.
L’unione degli strati dell’analisi e delle strutture di osservazione è avvenuta durante il processo di esplorazione e la sua elaborazione. Lavorando con la stratificazione e con la percezione, si è avuta la possibilità di analizzare il modo in cui agisce la percezione quando è legata alla vista e all’esperienza, in relazione ai processi di disegno, dei media digitali come ad esempio la visualizzazione digitale, la creazione di modelli e diagrammi architettonici, di fotografie e video in 3D per cogliere lo spazio e l’immaterialità della città in vari modi creativi.
Metodologia
La struttura metodologica di Drawing the Invisible è stata presentata e analizzata durante la mia conferenza di apertura all’Università Roma Tre [3]. La conferenza ha permesso di introdurre le riflessioni sullo spazio come elemento che si sta sviluppando nell’architettura, nell’arte, nella cyber teoria e nella scienza, insieme ai relativi casi di pratica spaziale. La definizione di spazio e dei suoi confini è cambiata radicalmente a causa dell’influenza della Fisica Quantistica e dell’informazionalismo di Manuel Castell [4].
Lo spazio è una sostanza ricca di informazioni, relativistica e in evoluzione. Un esempio tipico di rivelazione di questa “sostanza” può essere Sky Ear di Usman Haque, dove vengono visualizzati i dati-topografie ambientali sconosciuti della città, ovvero i campi elettromagnetici [5]. Come in un ambiente disegnato, lo spazio risulta costruito come frammento di una sovrapposizione di griglie algoritmiche, geometriche, topologiche e strutturali che interagiscono dinamicamente. Una delle possibilità più interessanti che ne deriva (e uno degli obiettivi più importanti di Drawing the Invisible) è rivelare in modo creativo i vari spazi interstiziali e le dinamiche di apparizione che nascono da un campo di complessità stratificate, da stati transitori di trasformazione e di scambio spaziale.
Nuove tecniche basate sul disegno consentono di visualizzare questi elementi impercettibili ed invisibili in entrambi i micro e macro livelli spaziali.Un’oscillazione tra atopie, utopie e distopie sfida i confini stabiliti tra progetto, mappa ed edificio, così come il loro significato. Incentrandosi sul “disegno operativo” di Bernard Tschumi, la seconda parte della mia conferenza offre un’analisi dettagliata del disegno, del diagramma e del loro sviluppo grazie all’animazione endogena in alta qualità e ad altri strumenti digitali. Si può descrivere il disegno come elemento esso stesso “interstiziale”, in quanto attraversa gli stadi del processo creativo e dei confini disciplinari.
La forma primaria del disegno è il ricalco, definito anche traccia indicale, ovvero il segno visivo che un particolare processo lascia. In questo modo, il ricalco è relazionale e, nonostante riguardi i processi fisici, va oltre, in quanto si tratta di un mezzo per formare costrutti astratti. Il diagramma implica sempre la significativa attività di ricalco attraverso cui “altera/ricrea” la realtà, e, a differenza del progetto architettonico, il diagramma non è edificabile. Sebbene il diagramma sia caratterizzato da un tipo di virtualità che include un potenziale variabile, esso non è chiaramente utopico [6]. Creato dall’architetto Bernard Tschumi, il “disegno operativo” può essere realizzato in qualsiasi disciplina, usando qualsiasi mezzo, poiché funge da precisa attività di pensiero e di posizionamento critico.
Il disegno operativo riguarda le seguenti categorie: “diagramma concettuale”, “trascrizione”, “sequenza trasformazionale” e “disegno scalare intercambiabile”. Per mezzo della “trascrizione”, la realtà architettonica può essere interpretata o, in altre parole, “letta”, spesso attraverso scenari teorici e non-realistici. La “sequenza trasformazionale” comprende l’animazione che si può applicare non solo alle forme, ma anche agli spazi e ai programmi. Il processo e il prodotto finale sono entrambi importanti.
Una sequenza trasformazionale è “aperta” quando non ha una fine, come quando, ad esempio, contiene sequenze di un altro ordine convergenti o giustapposte; è “chiusa” quando ha una fine prevedibile per via dell’esaurimento, della circolarità o della ripetizione del processo. Nella sequenza trasformazionale, le caratteristiche del rapporto tra ripetizione e variazione nella successione sono fondamentali [7].
Secondo Henri Lefebvre, nonostante il fatto che una differenza “indotta” derivi dall’esistenza di una “opposizione”, essa non compromette ma “rimane all’interno” del sistema che forma. Al contrario, una differenza “prodotta” deriva dall’esistenza di una “contraddizione/trascendenza” poiché questa presuppone la frammentazione di un sistema [e]… nasce da… un abisso” [8]. Le sequenze trasformative possono essere o “separate/ripetute”, dunque prevedibili dal punto di vista matematico, oppure “continue/iterative”.
Queste ultime non hanno “origini” in quanto tali, ma “punti di partenza”. Secondo l’architetto Greg Lynn, vincitore di vari riconoscimenti, a seconda delle variabili utilizzate in un’animazione, le sequenze che si ottengono possono essere aperte, se hanno un “sistema strutturato in modo indefinito”[9]. Infine, il “disegno scalare intercambiabile” consiste, fondamentalmente, nel combinare tutte le categorie summenzionate in un “unico concetto trasformazionale eterogeneo”.
Nell’architettura contemporanea e nei settori della pratica spaziale ad essa connessi, la nozione di disegno operativo ha subito continue modifiche grazie a VR. Fondamentalmente, il disegno operativo si presenta tra le sue manifestazioni visive come un campo di potenzialità che si sviluppa nel corso del tempo. L’opera di Lynn rappresenta un tipico caso di come la nozione di disegno operativo possa essere estesa attraverso l’animazione digitale endogenica, in relazione allo spazio interstiziale [10]. Poiché opposti alla tradizionale “stasi da terra piatta”, la purezza e l’autonomia formale dell’architettura convenzionale, gli spazi interstiziali nascono per mezzo della “collaborazione per nascondere il contesto e rivelare l’oggetto” [11].
Lo spazio viene disegnato attraverso un’interazione dinamica tra micro paesaggi e paesaggi globali dove la forza e il movimento virtuale sono contenuti nella “tettonica del gradiente curvo” [12]. La forma diventa un luogo complesso e in evoluzione. I ricalchi operativi si ritrovano nei progetti architettonici di Lynn; la sua opera è stata ispirata soprattutto dagli elementi del flusso e del passaggio. L’aspetto principale di questi progetti è lo spazio delle fasi, ovvero uno spazio di profonde dinamiche di interazioni attive che indicano il passaggio da una “purezza autonoma” a una “specificità contestuale”.
Dato che rappresenta una delle caratteristiche principali dell’opera di Lynn, la traccia virtuale (imprint) è “memorizzata” nelle topologie digitali. Gli intervalli interstiziali che ne derivano possono assumere la forma di preoccupanti “spazi provvisori tra esterno e interno” che hanno “superfici composite” dove le potenzialità e le dinamiche non sono eliminate, unite, assorbite o trasformate, ma memorizzate [13].
Lo spazio interstiziale è stato uno degli elementi dominanti nella pratica architettonica di PeterEisenman, sia in termini di processo del progetto che di prodotto finale, poiché introduce l’elemento dell’imprevisto già all’interno del progetto stesso. La nozione di interstizialità è molto legata ai meccanismi del diagramma in quanto “si presentano” tra le fasi del completamento di un progetto. La creazione di diagrammi digitali, come quella che avviene al Wexner Centre, si basa sui processi di “mappatura” e di “scavo artificiale”[14].
I relativi spazi nascono dal contrasto virtuale delle griglie topografiche e strutturali spostate. Gli elementi del progetto architettonico interagiscono tra di loro durante il processo di progetto con cui viene realizzata la traccia, in modo da modificare i loro contenuti e contemporaneamente modificarsi essi stessi. In quanto prodotti finiti, gli edifici di Eisenman sono costituiti da un accumulo di “resti” prodotti dalle varie fasi di progetto, sfidando l’estetica funzionale dell’architettura tradizionale ed i metodi lineari dei processi di progetto.
Durante la mia conferenza, inoltre, ho presentato casi particolari di come vengono analizzati gli spazi interstiziali nella mia attività. Nel mio lavoro, nuovi metodi di disegno specifico del luogo vengono sviluppati in ambienti virtuali semi immersivi (Boolean Cubes: Rotation & Intersection series, iniziate nel 2004), consentendo la realizzazione del ricalco e l’interazione con semiprodotti e sottoprodotti dei flussi algoritmici che restano non costruiti, e con i paradossi che ne derivano, attraverso metodi diversi di intervento spaziale innovativo.
Gli spazi interstiziali possono essere mostrati in modo creativo usando mezzi materiali/immateriali come la luce e la linea, come anche attraverso processi di realizzazione di disegni e di diagrammi, per aprire le interfacce di VR e costruire architettura. Attraverso la creazione di inter-passaggi, è stato possibile mostrare gli strati eterogenei di uno spazio architettonico quando interagiscono fra di loro. Vengono mostrate le dimensioni nascoste e le dinamiche dello spazio architettonico che resta libero, elusivo e non costruito [15].
Un’altra linea parallela di ricerca riguarda invece l’interessante affermazione dei paradossali Algorithmic Infra-spaces (2008-2011) che, non essendo visibilisul computer e sugli attuali display e proiezioni VR, sono stati mostrati in modo creativo attraverso diagrammi realizzati a mano. Questi infra-spazi mostrano le “tracce” visive degli interscambi nascosti tra i tipi ideali, descrittivi e invalidi di geometria digitale dato che si verificano nel momento del passaggio da un “terreno” algoritmico all’altro [16].
Per quanto riguarda i panorami della città e il disegno basato sull’osservazione, il progetto Drawing the Unplanned City è costituito da una serie di disegni della città di Atene (esposti alla mostra internazionale Urban Transcripts 2010) [17]. Particolare attenzione è stata rivolta all’espansione incontrollata e disordinata di Atene, che ha avuto luogo lungo tutti i suoi assi spaziali verticali e orizzontali contemporaneamente. Nel momento in cui si ottiene una panoramica di questa città non pianificata, ciò che emerge è una griglia urbana frammentata e disordinata. La nozione tradizionale di orizzonte e le qualità della località sono diffuse, poiché un labirinto interscalare in espansione di edifici appare dinanzi all’osservatore.
Il disegno è utilizzato come processo di lettura spontanea della città, ma anche come processo di astrazione visiva creativa. Diciamo che generalmente si evita di assumere un punto di vista idealistico e generalizzato come modo per ignorare l’attuale collage di architetture eterogenee della città. Le sbavature a matita e i delicati delineamenti formano ambigue architetture “liquide” sulla superficie semitrasparente, liscia e delicata del foglio da ricalco. Un contrasto interessante emerge tra le qualità di queste “architetture” e la materialità, il peso, la solidità, la rigidità, la ruvidità e l’apparente stabilità delle più recenti forme architetturali che dominano il city-scape. Così, i disegni invitano a riscoprire la città; la sua fragilità e la sua futilità.
La città può essere percepita come un paesaggio incompiuto fatto di cambiamenti costanti. Alcuni disegni mostrano spazi che normalmente sono invisibili e ignorati in quanto non hanno valore estetico, sono angusti o semplicemente dimenticati. Contrasti interessanti e combinazioni imprevedibili stimolano un’esplorazione creativa dei vari sedimenti architettonici, rivelando in modo indiretto ciò che viene dato per scontato oppure non viene notato normalmente.
Esplorazione urbana della Superbia di Roma
La prima fase di Drawing the Invisible ha riguardato la mappatura esperienziale della città e la raccolta di dati. La lettura esperienziale e la mappatura provvisoria dell’eterogeneo city-scape è iniziata con un’esplorazione urbana di Roma, facendo una passeggiata di un giorno per la città. I partecipanti hanno raccolto informazioni servendosi dei mezzi che preferivano (fotografia, video, dispositivi portatili, disegno, appunti e non solo).
Lo scopo era sviluppare nuovi modi di vedere, sfidare ciò che normalmente viene dato per scontato o sfugge all’attenzione. Ci si è concentrati sull’identificazione e sulla mappatura dei sotto e semiprodotti dell’architettura e dell’urbanistica, sulle proprietà accidentali e incidentali della città che sono state trovate nei territori emergenti, nelle zone sottosviluppate, ma anche nelle zone complesse e ambigue.
La Superbia rappresenta più che una semplice tipologia per organizzare lo spazio ed è per questo che suggerisce l’esclusività della visione della città quando viene percepita da posti privilegiati che a volte risultano sconosciuti o per nulla familiari alla maggior parte della gente [18]. Questi posti possono comprendere non solo la vista di zone storiche della città grazie alla loro posizione collinare, ma anche terrazze private situate in edifici altissimi di alloggi sociali/pubblici. All’interno di questo quadro tematico, si può cogliere la nozione di accidentale attraverso panoramiche inaspettate sovrapposte, in quanto osservate da prospettive e posti diversi.
All’interno della città è possibile distinguere diversi tipi di superbia legati al paesaggio/terreno (il colle Capitolino, dove si trova il Municipio, e il Gianicolo, che rappresenta la visione ideale della città), alla vita lussuosa e alla sua esclusività (attici, centri commerciali), ai luoghi sacri (Santa Maria Maggiore), alle costruzioni urbane come le torri e i monumenti che vanno da quelli dell’antica Roma a quelli del periodo fascista (Vittoriano).
I principali luoghi delle esplorazioni urbane dei partecipanti sono stati il Corviale e l’EUR per via del loro status controverso e delle loro particolari caratteristiche geografiche e architettoniche. Essendo uno degli edifici più alti di Roma, l’EUR – così chiamato dopo la tanto desiderata Esposizione Universale di Roma del 1942 – è caratterizzato da uno stile razionalistico e rappresenta le potenti e grandiose gesta architettoniche del Fascismo. Guardando la città dall’alto dell’EUR, si ottiene una vista panoramica di questo quartiere economico in cui si trovano sedi ministeriali, uffici, appartamenti, e l’ENI – la sede centrale della multinazionale italiana di petrolio e gas – al centro.
Dopo la seconda guerra mondiale, la “monumentalità” della città moderna che era stata realizzata negli anni Ottanta comprendeva progetti ad alta intensità di alloggi sociali strutturati in torri. Si ha un cambiamento dalla “monumentalità” che trasmette l’idea di potere attraverso l’architettura all’ “utopia” urbanistica del Movimento Moderno che punta a soddisfare i bisogni sociali. All’enorme richiesta di alloggi si è risposto invece attraverso il Corviale, un edificio lungo quasi un chilometro che dicono sia talmente solido e robusto da frangere il vento ponentino.
Sviluppo del progetto Mappatura della città Nella prima metà della seconda fase di Drawing the Invisible, i partecipanti sono stati invitati a sviluppare nuove tipologie di disegno come modo di “leggere” la città, non solo per mostrare ciò che solitamente è invisibile, ma anche per estendere la definizione e il potenziale interdisciplinare come mezzo di interpretazione e di analisi spaziale e urbana. Questa fase è stata realizzata attraverso strategie combinate di mappatura, disegno, stratificazione & ricerca urbana.
Essendo l’EUR – una sorta di panopticon della città – il loro principale punto panoramico, i partecipanti al workshop hanno ideato processi e codici speciali per realizzare una mappatura dettagliata non solo dei vari strati della città di Roma, ma anche dei loro rapporti e delle interstizialità che ne derivano. I partecipanti hanno fatto diverse fotografie dai punti più alti dell’EUR durante la loro esplorazione urbana di Roma che sono poi state utilizzate per creare panorami.
I piani visivi sono stati definiti gerarchicamente attraverso una codificazione riassunta per colori. In questo modo, lo studio degli strati della città è stato realizzato attraverso un’analisi dei piani della città e i contrasti fra il “costruito” e il “non costruito”. Sono state create varie strategie e processi visivi per identificare e analizzare le coordinate della città, sviluppando l’iconografia e la mappa-simbolo, interpretando e mappando i rapporti dinamici tra i molteplici strati della città e la vista, e mostrando la città in pianta.
L’introduzione dei parametri della città codificati in base al colore e al simbolo è stata molto importante. Questi parametri consistevano in quelli che possono essere definiti inter-siti (incroci stradali, corsi d’acqua, ponti, ecc.), para-siti (discariche, aree di sviluppo urbano ad-hoc, abusivismo edilizio, ecc.) e non-siti (aree non edificate o luoghi che sono in fase di costruzione, ecc) della zona specifica di Roma, i quali rappresentano i sottoprodotti cabarettistici della sua superbia urbana. La ricerca comprende, inoltre, i vari alti e bassi degli strati invisibili delle zone internet della città (flusso civile, zone protette, ecc.).
I conseguenti rapporti di questi strati della città sono stati successivamente mappati grazie a una semplice serie di simboli per creare le zone “neutrali”, “di interazione”, “di scambio”, “di interfaccia”, “di contrasto”. In un secondo momento, la mappatura per panorami è stata trasformata in pianta e questo cambiamento, seppur utilizzando le stesse modalità, ha stimolato nuovi modi operativi di interpretare la topografia della città attraverso lo sviluppo di varie strategie e processi di creazione di diagrammi digitali.
Strati urbani comunicanti
Nella seconda parte della seconda fase di Drawing the Invisible, i partecipanti hanno sviluppato modalità combinate di mappatura e di modellatura del terreno in 3D per visualizzare l’impercettibile interstizialità della città così come emerge dall’interazione tra i suoi strati urbani, fornendo una visione dei terreni estremamente complessa. Il sistema di mappatura della fase precedente è stato impiegato insieme aparticolari coordinate che mostravano le aree in cui operavano le interazioni dinamiche tra gli strati urbani, per visualizzare i terreni, in relazione diretta con la pianta della città.
La tappa più significativa di questa fase finale è stata sviluppare processi misti di disegno digitale per visualizzare ed esplorare a fondo il “dialogo” tra morfologia emergente del terreno e pianta della città. Come si evince dalle qualità di morfologia e superficie, dato che il terreno si forma dalle interazioni, dai conflitti e dagli scambi delle zone materiali e immateriali della città, le caratteristiche più importanti emerse sono la porosità e la fluidità. Un simile terreno di interstizialità propone un modo particolare di visualizzare queste dinamiche urbane. La qualità dei confini tra la pianta della città e il terreno è determinata dalle correzioni che sono state applicate alla geometria e alla trasparenza del terreno, in relazione alla mappa e alle coordinate della città.
A livello di località relativamente “micro”, è possibile identificare costantemente i tipi riconoscibili di para-siti (in quanto eccessiva giustapposizione di poligoni, per esempio), non-siti (in quanto spazi vuoti/rotture) e inter-siti (in quanto poligoni intersecati), come anche le loro interazioni. In questo modo, questo terreno mostra gli strati urbani ignorati e le loro interazioni e pone le basi per passare alla fase successiva del progetto in cui vengono proposti interventi urbani.
Corviale: nascondere il contesto/rivelare l’oggetto
Nella terza parte della seconda fase di Drawing the Invisible, i partecipanti al workshop si sono concentrati sulla costruzione del controverso edificio Corviale che ha suscitato molte polemiche e dibattiti riguardanti il suo ruolo, così come la possibilità di una sua riprogrammazione e restauro. Essendo lungo quasi un chilometro, il Corviale si presenta come un muro urbano che “si intromette” completamente nel paesaggio cittadino.
I partecipanti al workshop hanno ideato dei metodi per rendere interessante dal punto di vista creativo il carattere “monolitico” e “razionalista” del Corviale, “rompendo” il suo elemento concettuale e strutturale fondamentale, ovvero il suo sistema cartesiano di assi spaziali che determina strutturalmente il nucleo dell’edificio, come risulta nel lungo corridoio del Corviale e nei vuoti centrali verticali.
L’obiettivo di rinegoziare gli attuali confini monolitici e normativi del Corviale è stato realizzato elaborando una strategia che permettesse di “nascondere” il contesto urbano del Corviale, ma allo stesso tempo di “rivelarne” l’edificio. Il nuovo sistema spaziale creato per realizzare questo obiettivo, ha tenuto presente le coordinate di interstizialità interne ed esterne e le loro interazioni dinamiche. In questo modo è stato possibile superare la logica, i presupposti e i limiti del sistema spaziale cartesiano che tradiziionalmente generano uno spazio completamente controllato, ordinato e inerte.
Questa fase è iniziata con l’analisi della documentazione fotografica dei partecipanti e degli schizzi basati sull’osservazione della loro visita al Corviale durante la fase di esplorazione urbana. L’obiettivo era quello di identificare i tipi di para-siti, per esempio le aree di cui si sono riappropriati i senzatetto e gli interventi di abusivismo edilizio; i tipi di non-siti che comprendono gli spazi in disuso o dimenticati, e di inter-siti come, ad esempio, gli ingressi interni ed esterni ed il sistema di raccordi.
Questi tipi di spazio rappresentano i sotto e semiprodotti emergenti e accidentali del Corviale per quanto riguarda la sua qualità architettonica e la sua funzione di soluzione per alloggi sociali. Quest’ultimo aspetto si contrappone agli usi effettivamente che gli abitanti fanno dello spazio e ad altri fattori incontrollabili come nelle dinamiche urbane, come l’inevitabile ingerenza del degrado, ecc. L’analisi di codificazione per colori dell’edificio ha rivelato i parametri del Corviale precedentemente ignorati e ha stimolato i partecipanti a sviluppare un nuovo “sistema spaziale di assi”.
I vari sedimenti fisici e impercettibili del Corviale sono stati rilevati attraverso una serie di interventi trasformativi sui suoi confini. Dato che le varie coordinate comunicanti dell’interstizialità esterna e interna lasciano le loro “tracce” sui confini del Corviale, questi ultimi diventano porosi, transitori, quasi preoccupanti. Tali coordinate dinamicamente in evoluzione intervengono nel sito del Corviale e nell’edificio così da trasformarlo in un assembramento di strati codificati per colori di piani dai tagli irregolari offrendo un orientamento frammentario e rotatorio, ed una serie di “angoli rotti” che definiscono un punto di vista non convenzionale, non solo della città, ma anche del Corviale stesso. Quello che prima era invisibile diventa visibile e vice versa.
Nella parte finale di questa fase, il diagramma digitale è usato anche per rivelare una struttura web che, sovrapposta ai piani stratificati del Corviale, mappa il modo in cui gli strati urbani immateriali e materiali interagiscono dinamicamente influenzando il Corviale in quanto sistema di coordinate urbane. Inoltre, i danneggiamenti del corridoio interno che domina il Corviale vengono visualizzati attraverso una rete poligonale e multidimensionale desunta dalle fotografie del particolare corridoio.
Epilogo
Drawing the Invisible è stato un progetto ambizioso, che ha coinvolto concetti e sfide complessi, espandendosi in un settore di ricerca interdisciplinare. Drawing the Invisible ha permesso la creazione di nuovi metodi e strumenti di disegno importanti non solo per la progettazione architettonica, ma anche per altri tipi di pratiche spaziali e per la ricerca. I partecipanti hanno sviluppato la loro creatività, la loro originalità, le loro capacità professionali e di problem-solving attraverso il loro lavoro collaborativo di gruppo. I metodi di disegno che sono stati ideati, sono risultati molto funzionali poiché hanno permesso una mappatura critica e analitica dell’ambiente urbano che ha stimolato e reso possibile lo sviluppo di modalità di “interpretazione” e di “intervento” estremamente ricche e stimolanti nella città sia su macro che su micro scala.
Dato che la workshop-unit è stata realizzata durante una discorso e un concorso nazionale per rigenerare e riprogrammare alcuni dei siti visitati come il Corviale, i risultati del workshop mostrano un importante potenziale riguardo alla capacità di apportare un interessante e netto contributo a questo settore, in termini di strategia di progettazione,processo e pensiero, invece di offrire semplicemente una negazione superficiale delle condizioni attuali o tentando di abbellire senza criticare e di rendere attraenti dei luoghi particolari.
Drawing the Invisible ha permesso ai partecipanti di valutare come il loro modo d’interpretare l’impegno per la città sia cambiato, di sistemare e valutare il loro lavoro sia in termini di processo che di risultato e, soprattutto, di portare avanti le sfide e le possibilità che sono emerse durante la loro partecipazione al workshop. Come emerso dalla valutazione formale dei risultati nel corso della Presentazione del Workshop dei partecipanti al DipSU, ma anche dall’interesse e dai feedback entusiasti espressi dai partecipanti nel giorno della Conferenza presso l’Urban Center Roma XI, i risultati di Drawing the Invisible possono definirsi di alta qualità e rappresentano un grande potenziale per una futura espansione.
Lo sviluppo futuro della ricerca potrebbe includere la creazione di sistemi interattivi di mappatura online, integrati con applicazioni interattivedi realtà miste, al fine di promuovere ulteriormente i risultati della workshop unit, attraverso il coinvolgimento di una più ampia rete interdisciplinare di architetti, scienziati, artisti e altri. Attualmente, Drawing the Invisible si è ulteriormente ampliata come iniziativa indipendente e, a questo scopo, è stato creato un blog ad essa dedicato. Il Drawing the Invisible Blog funziona come una piattaforma digitale: promuove una serie di attività e di progetti internazionali del passato e imminenti dell’iniziativa, migliora il forum online, facilita le comunicazioni delle attività dei suoi membri, e sostiene la diffusione delle risorse importanti tra cui il materiale di ricerca e le pubblicazioni.
http://drawingtheinvisible.wordpress.com/
http://www.urbantranscripts.org/
http://www.urbantranscripts.org/documents/UT2011_04_workshop_programme.pdf
References:
[1] – Fratzeskou, Eugenia & Claudia Faraone, Rome City & Urban Superbia: Drawing the Invisible, in Urban Transcripts 2011 Workshop Programme, http://www.urbantranscripts.org/documents/UT2011_04_workshop_programme.pdf, pp.10-15.
[2] – From the introduction to the Manhattan Transcripts in Damiani, Giovanni ed., Bernard Tschumi, Geneve: Skira, 2003, p. 34.
[3] – Fratzeskou, Eugenia, ‘Rome City & Urban Superbia: Drawing the Invisible –Working Methods’, in Cities Methodologies Lecture 1, Urban Transcripts 2011: Rome, the accidental city international workshop, Roma Tre University, Mattatoio, Rome, 13/12/11.
[4] – Connor, Steven, in Going Aerial. Air, Art, Architecture, ed. Monika Bakke, Jan Van Eyck Academie, Maastricht, The Netherlands, 2006, pp.121-2. Manovich, Lev, 2005, The Poetics of Augmented Space, http://www.manovich.net/DOCS/Augmented_2005.doc, accessed: 17/9/2010. For detailed essays on ‘informationalism’ and the ways of visualising and interacting with invisible virtual city-scapes refer to Fratzeskou, Eugenia, ‘Mapping Uncertainty’, in Mapping and the User Experience Panel of ISEA 2011 Istanbul Conference– The 17th International Symposium on Electronic Art (Sabanci University, 14 – 21 September 2011), http://isea2011.sabanciuniv.edu/paper/mapping-uncertainty, and my essays in Digimag Issues 52, 55, 60-61, 63-67, 69-70, http://www.digicult.it/en/Archive/EugeniaFratzeskou.asp
[5] – Haque, Usman in Going Aerial. Air, Art, Architecture, ed. Monika Bakke, Jan Van Eyck Academie, Maastricht, The Netherlands, 2006,pp. 64-66, 72, 75, 77.
[6] – For an extensive investigation on interstitiality and drawing refer to Dr Eugenia Fratzeskou’s postdoctoral research papers published in Digimag (Digicult): http://www.digicult.it/en/Archive/EugeniaFratzeskou.asp [EN], http://www.digicult.it/Archive/EugeniaFratzeskou.asp [IT], Eisenman, Peter, Diagram diaries, London: Thames & Hudson, 1999, Fratzeskou, Eugenia, “Inventing New Modes of Digital Visualisation in Contemporary Art” in Special Issue “Transactions,” Leonardo 41, No. 4 (2008), p. 422, Fratzeskou, Eugenia, “Unfolding Space”, in I SEA2010 RUHR: Conference Proceedings, http://www.isea2010ruhr.org/files/redaktion/pdf/isea2010_proceedings_p53_fratzeskou.pdf, pp.491-2, Fratzeskou, Eugenia, Visualising Boolean Set Operations: Real & Virtual Boundaries in Contemporary Site-Specific Art, LAP – Lambert Academic Publishing, 2009, Fratzeskou, Eugenia, New Types of Drawing in Fine Art: The Role of Fluidity in the Creation Process, LAP – Lambert Academic Publishing, 2010, Fratzeskou, Eugenia, Operative Intersections: Between Site-Specific Drawing and Spatial Digital Diagramming, LAP – Lambert Academic Publishing, 2010.
[7] – Tschumi, Bernard, “Operative Drawing”, in De Zegher, Catherine & M. Wigley, eds., The Activist Drawing: Retracing Situationist Architectures from Constant’s New Babylon to Beyond, MIT Press, 2001, pp. 135, 137. Tschumi, Bernard, Architecture & Disjunction, MIT Press, 1996, pp. 165-166, 196-197.
[8] – Lefebvre, Henri, The Production of Space, (tr. D. Nicholson-Smith), Blackwell, 1991 (1974), pp. 372-374.
[9] – Lynn, Greg, Animate Form, New York: Princeton Architectural Press, 1999, pp.33, 39.
[10] – Ibid. For an extensive essay of Greg Lynn’s work also refer to Fratzeskou, Eugenia, Operative transformations ( Parts 1-2), in Digimag Issues 66 (July-August 2011), & 67 (September 2011), http://www.digicult.it/digimag/article.asp?id=2120, http://www.digicult.it/digimag/article.asp?id=2146.
[11] – Lynn, Greg, Animate Form, New York: Princeton Architectural Press, 1999, pp. 29 – 30.
[12] – Ibid, p. 31.
[13] – Ibid, pp. 10 – 11, 13, 14 – 15, 18, 25 – 26, 108, 124-125, 143, 150. 152, 165.
[14] – Eisenman, Peter, Diagram diaries, Thames & Hudson, London, 1999, p.34. Anthony Vidler, The Architectural Uncanny: Essays in the Modern Unhomely, MIT Press, 1992, pp.119, 194, 196 (see also pp. 118, 121).
[15] – Selected phases of the series has been shown in several occasions including ISEA 2010 Ruhr and ISEA 2011 Istanbul [refer also to Eugenia Fratzeskou, Visualising Boolean Set Operations: Real & Virtual Boundaries in Contemporary Site-Specific Art, LAP – Lambert Academic Publishing, 2009 and Fratzeskou, Eugenia, “Inventing New Modes of Digital Visualisation in Contemporary Art” in Special Issue “Transactions”, Leonardo 41, No. 4 (2008)].
[16] – Dr Eugenia Fratzeskou, Algorithmic Infra-Spaces, paper, pen & pencil, 2008-10, A number of these drawings was shown in Dr Eugenia Fratzeskou, ‘Interspatiality & Dystopia’ project, part of the Un-built international architecture research programme Exhibition & Conference, SARCHA/The Athens Byzantine & Christian Museum, Athens, November 2008. Refer also to Fratzeskou, Eugenia, ‘Tracing Infra-spaces: Complicated beginnings & elliptical ends’, in in Digimag, Issue 61, February 2011, http://www.digicult.it/digimag/article.asp?id=1985
[17] – Fratzeskou, Eugenia, ‘Drawing the Unplanned City’ project, shown in Urban Transcripts 2010: Athens, urban (r)evolution through individual spontaneity in the absence of planning”, Kollektiva.net/Booze Cooperativa Gallery, Athens, 16-26 December 2010. http://www.urbantranscripts.org/2010/urbantranscripts.swf. A detailed report on the project in Fratzeskou, Eugenia, ‘Urban Transcripts 2010: Over the Skin of the City’, Digimag, Issue 62, March 2011, http://www.digicult.it/digimag/article.asp?id=2007.
[18] – For more details on the urban exploration refer to Fratzeskou, Eugenia & Claudia Faraone, ‘Themes to be explored’, in Rome City & Urban Superbia: Drawing the Invisible, in Urban Transcripts 2011 Workshop Programme,
http://www.urbantranscripts.org/documents/UT2011_04_workshop_programme.pdf, pp.11-12.