Il 26 gennaio si è svolta la Fashion Digital Night con la seconda edizione del contest Digital Made for Young Fashion Talents promosso da Fondazione Mondo Digitale all’interno della Roma Fashion Week di Altaroma.

A sfilare sono stati quaranta progetti nell’ambito delle tecnologie indossabili realizzati da giovani stilisti, designer, sviluppatori e makers provenienti da quindici paesi di tutto il mondo che si sono sfidati in passerella nelle tre categorie bio material, digital fabrication e wearable technology. Il contest Digital Made ha raccontato la scena internazionale dei giovani talenti dove sta avvenendo la fusione tra tradizione e tecniche innovative legate alla sfida ambientale. Risposte, immaginari, germogli di soluzioni creative a problemi di portata globale realizzate principalmente attraverso tecniche legate all’utilizzo di strumenti di fabbricazione digitale dell’Industria 4.0 come stampanti 3D, macchine laser, microcontrollori, penne 3D, fibra ottica e LEDs insieme alle tecniche di colorazione con elementi naturali e l’utilizzo di materiali biodegradabili. Queste tecniche moderne sono in grado di garantire il minor impatto possibile sull’ambiente e permettono di velocizzare o saltare alcune fasi, come ad esempio il taglio a mano, evitando di generare eccedenze e sprechi.

La  giuria, composta da Massimiliano Datti, direttore ISIA Roma Design, Chiara Di Lodovico, Fashion designer e dottoranda presso il Politecnico di Milano, Simonetta Gianfelici, Fashion Consultant & Talent Scout e Alessio Tommasetti, cofondatore di Shapeupitaly, ha espresso il suo giudizio in base ai criteri di innovazione nell’uso di tecnologie avanzate in fase di progettazione e realizzazione, originalità per la capacità di rispondere a determinati bisogni in maniera creativa e scalabilità, vale a dire la modularità di implementazione che permette ulteriori sviluppi in fasi successive.

Vincitore assoluto della competizione il progetto Wearpure.Tech dell’azienda Noumena – PrimLab (Reshape) dalla Spagna, realizzato con la stampa 3D e che affronta il problema dell’inquinamento ambientale grazie alla capacità di assorbire i gas serra e ridurre i composti organici volatili attraverso un polimero avanzato che integra CO2pure, un composto minerale naturale al 100% sviluppato e certificato da Primlab, in grado di mineralizzare i gas serra primari (CO2 e NOx) e ridurre i composti organici volatili (COV) e che può essere usato come additivo nel processo di produzione di tessuti tridimensionali. Il progetto ha ottenuto sia il premio in denaro del valore di 2000 euro che la mezione speciale per la categoria bio material, con la partecipazione a Re-Barcelona offerta dal Consolato Italiano a Barcellona e ItMakes, insieme ad un percorso formativo all’interno del programma “Maker Residency” offerto da WeMake, ente partner della manifestazione insieme a 3DiTALY, REA Academy, Fabricademy, Reshape.

La menzione speciale per la categoria wearable technology con in premio un corso di sartoria digitale offerto da 3D Italy è stata assegnata a Hypsibius, di Julieta Scatena e Luciana Romano dall’Argentina, che hanno creato capi versatili e personalizzabili con accessori digitali e sensori pensati per la sopravvivenza in un ambiente ostile, con l’idea di sfruttare la tecnologia per realizzare abiti che possano diventare un alleato cruciale per la sopravvivenza su un pianeta che è sull’orlo di un disastro ambientale.

Per la categoria digital fabrication, Fabricademy ha offerto un corso a scelta di una settimana a Laser Dye di Wei Chieh Shih (Reshape) dalla Cina, che mira a stabilire un legame tra l’artigianato e l’arte del codice facendo comunicare due tecniche: il più antico processo fotografico alternativo il “cianotipo”, attraverso il quale si può formare un’immagine permanente sui tessuti, e la macchina laser. Grazie a questo approccio la colorazione dell’indumento è il frutto dell’effetto di un fotone eccitato dal riflesso infinito tra gli specchi all’interno della cavità del diodo che, atterrando sulle fibre, produce molecole blu.

Campione assoluto di bellezza, morbidezza, voglia di essere indossato e desiderio di vivere in quella visione nella categoria bio material è Begrounded di Lara Campos, dalla Spagna.  Il poncho in passerella è “cresciuto” all’interno di una serra installata nel fab lab della Palestra dell’Innovazione. Il progetto si presenta sotto forma di un kit e prevede la coltivazione di piante su alcuni tessuti, come ad esempio la lana: alla base l’idea della Natura come “materia” da indossare, con specifiche proprietà benefiche e curative per disturbi comuni, dall’ansia allo stress. Begrounded apre uno spazio di dialogo tra umani e altri esseri viventi, uno spazio in cui le idee di selvaggio e domestico si fondono fino a costruire forme di relazione e convivenza più ricche e rispettose delle specie.

In passerella è stato semplicemente meraviglioso il progetto Geison della categoria digital fabrication, di Federica Moriello (AbaNa / FabLab Frosinone), che mira alla destrutturazione delle linee base della sartoria servendosi della tecnica del taglio laser: le forme ottenute da quest’ultima vengono sovrapposte dando spazio al concetto di layer, ovvero la stratificazione degli elementi. La gradazione cromatica scelta aiuta ad armonizzare le sagome, le quali ricordano figure organiche presenti in natura. Le tecnologie come il taglio laser e la progettazione parametrica automatizzano compiti ripetitivi e precisi e consentono di creare soluzioni innovative come nei progetti Cabinet of under sea memorabilia di Irene Caretti e Rizhome di Angela Barbour dal Brasile.

Natura e scienza sono i media principali delle soluzioni di Myco-accessories di Eldy Stephanie Lazaro Vasquez (Fab Lab perù & UC Davis and Wearables Lab), che prendono vita dalla crescita di organismi viventi come il micelio, la radice dei funghi, e la Reu Jacket di Lucie Ketelsen (Reshape, Australia), un capo reattivo a spreco zero che trae ispirazione dalle caratteristiche uniche e dal modello di crescita del lichene. E poi I meravigliosi tessuti di ananas e i colori alimentari, ad esempio dal melograno e dal cavolo rosso, e i cristalli di sale del progetto Ulaghel di Romchel Magdalaine Fuentes (IIS Caterina da Siena, Italia Ulanghel). Gli accessori di Maria Paola Cassano (IED Roma) dall’Italia promuovono un ritorno alla semplicità rifacendosi alle forme sinuose e armoniose della natura incontaminata e a un uso di materiali ecosostenibili, dai tessuti biologici, riproposti in una nuova chiave, ai più recenti e innovativi pellami biodegradabili, come la pelle di fungo e di ananas.

Nel contesto del riciclo e riuso della plastica, Crystal Dress di Jessica Pullo dall’Argentina e Residual Weavingè di Rosangela Catone, (AbaNa / FabLab Frosinone, Italia) realizzano due abiti da sposa, il primo con plastiche recuperati da cento sacchetti usati per avvolgere i rotoli di stoffa, il secondo con plastica di derivazione naturale e gli scarti delle produzioni con la penna 3D. Promuove una produzione a basso impatto ambientale anche The New Python is Digital di Juan Felipe Enrìquez Fiallo (Fabricademy, Ecuador) che dagli scarti dell’industria di lusso italiana realizza capi stilizzati, provocatori e sensuali personalizzati sulla base del gusto dei consumatori.

Il modello più originale dal punto di vista concettuale è stato sicuramente Iside di Sara Savian, Mauro Alfieri e Alessandra Trestini, di EmotionWear dove il tema  della fertilità e della centralità della donna, in quanto creatrice di vita, è espresso in modo iconografico tramite fibre ottiche illuminate da led programmati, collegato a una app che monitora il ciclo mestruale. Tra i giovanissimi designer italiani della sezione wearable technology, Macheen di Stefano Averono e Elisa Melodia di EYOW Design, è un’abito che si ispira allo studio bio-meccanico degli scheletri animali, in particolare le branchie del pesce, per riprodurne il movimento tramite motori indossabili. Realizzato con Arduino Nano e sensori in stoffa conduttiva, Macheen innova le strutture usate per il sostegno dei tessuti, proponendo un meccanismo semovente e regolabile con il semplice tocco di un dito che la modella ha attivato durante la camminata.

La Digital Fashion Night ha permesso a progettisti, industrie e comunità di tutto il mondo di sfilare rispondendo alla causa ambientale attraverso abiti e accessori intelligenti, dove il corpo diventa atto artistico e chiave per l’accesso all’immaginario del domani che desideriamo abitare.