Promossa dal Comune di Monza e dalla Provincia di Milano ed in collaborazione con Techne 05, inaugura a Monza il 15 marzo L’arcipelago di Ulisse, viaggio con le installazioni interattive di Mario Canali.

Nato a Monza nel 1952, Canali avvia la sua attività artistica nel 1975 come pittore, per dedicarsi poi all’arte elettronica e digitale, di cui in Italia è stato precursore ed esponente di primo piano. A distanza di trent’anni, la sua città natale gli dedica una mostra presso una delle sue sedi storiche, l’Arengario, nell’ambito di un’operazione più ampia che culminerà in autunno con il Campionato Nazionale di videogames all’Autodromo. Un’operazione composita quindi che dichiara tra i suoi obiettivi principali quello di avvicinarsi al pubblico più vasto di non addetti ai lavori, ma anche quello di stabilire un relazione più stretta tra Milano e la provincia rilanciando una riflessione sul rapporto tra arte e nuove tecnologie come risorsa indispensabile allo sviluppo del territorio.

L’allestimento si articola in tre progetti espositivi dislocati in tre spazi differenti. Infatti dal salone dell’Arengario, che ospita il nucleo più corposo di dipinti, video e installazioni interattive, la mostra si estende alla galleria d’arte Montrasio che accoglie una selezione di opere pittoriche e digitali, mentre nella raffinata sede del Tea Rose, locale prospiciente il duomo, è esposta M.OTU, l’installazione interattiva ispirata al gioco giapponese del sumo, presente all’ultima edizione di Techne.

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Dai venti ai trent’anni infatti Canali dipinge: “Una pittura raffinata, figurativa e fantastica, in cui si colgono gli echi dei tardo-gotici italiani, del primo rinascimento, dei preraffaelliti, di Odilon Redon, di Lénor Fini. Figure a volte superbamente tratteggiate, a volte evocativamente ectoplasmatiche: ma queste figure già bruciano di un’ansia conoscitiva, già denunciano, sotto la superficie trattenuta e composta, la stessa tensione cosmica che animava Edgar Allan Poe (almeno in Eureka o in “Monos e Una”).” (A. Caronia, 1997)

Fra il 1984 e il 1985, Mario Canali abbandona la pittura per indagare le possibilità espressive del computer nel costruire immagini animate. Egli non sembra interessato tanto alla realtà visibile, quanto ai processi mentali, alle tensioni cognitive, all’immaginario individuale e collettivo. Un tema ricorrente in tutto il suo lavoro. Nel 1991/92, infatti realizza Satori : “L’unico episodio, in Italia, in cui le realtà virtuali immersive siano messe al servizio di un percorso di cognizione e di autoformazione dell’utente. Questa, e più ancora la successive installazioni di Canali costruite sulle tecnologie biomediche di rilevazione delle attività corporee (come Oracolo-Ulisse ) catturano i movimenti consci e inconsci dello spettatore, irretiscono la sua attenzione e la sua energia nervosa, la elaborano, la restituiscono mutata, lo invitano a un viaggio in cui l’artista è una guida discreta, che scompare alla vista quasi subito.” (Ibidem)

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A partire da queste esperienze, “Canali interpreta quello spazio inedito virtuale come una proiezione  mentale, letteralmente, facendo uso delle cosiddette interfacce naturali:  sensori che raccolgono segnali corporei come il battito cardiaco o le onde  elettriche generate dal cervello. Questi segnali vengono schematizzati e  associati a stati emozionali, quindi tradotti visivamente attraverso  immagini che variano, appunto, a seconda dello stato in cui si trova il  fruitore-viaggiatore. La realtà virtuale diventa insomma, idealmente, uno  specchio di noi stessi.” (C. Somajni, 2006 )

Lo stesso artista scrive: “Esiste una prospettiva secondo la quale le nuove tecnologie, il virtuale, internet, rendono possibile un nuovo piano di realtà smaterializzato, leggero , svincolato dai limiti e dalle pesantezze della materia e del corpo. Ma preferisco seguire un altro percorso, che intravede nel digitale la possibilità di rendere più concreti, pesanti , i mondi dell’astrazione e dell’immaginario. E’ una strada che riporta, con accresciuta consapevolezza, al corpo. E’ un nuovo sguardo che mi sembra possa arricchire il valore della realtà e della vita.”

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Un viaggio appassionante alla ricerca della propria interiorità, in uno spazio fantastico in cui confluiscono la fantascienza e l’immaginario mitico dell’antichità, con un artista che non rappresenta solo l’evoluzione di una certa tecnologia, ma propone una riflessione che spazia dalle teorie del caos alla vita artificiale, dalla fisica quantistica ad una rilettura degli archetipi e del mito, fino all’indagine sulla relazione tra neuroscienze e mappatura genetica.

Temi e relazioni che saranno dibattuti il 20 aprile presso l’Urban Center di Monza con Chiara Somajni, curatrice della mostra e Antonio Caronia, da sempre attento osservatore dei fenomeni artistici e sociali legati alle nuove tecnologie.

Catalogo Silvia Editrice


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