Yiannis Melanitis (Atene, 1967) è un artista e assistente professore al Dipartimento di Scultura dell’Accademia d’Arte di Atene. Nella sua ricerca abbina pittura, scultura e progetti tra scienza e digitale. In Italia, soprattutto grazie agli articoli di Mario Savini, si è parlato recentemente dei ritratti che Melanitis ha creato con l’aiuto di AI CIRCE una assistente filosofica dotata di intelligenza artificiale, oppure di Leda Melanitis, una farfalla in cui è stato inserito un gene dell’artista, come forma di scambio di informazioni tra organismi. Attraverso la sua pittura e i significati che attribuisce al proprio fare possiamo capire meglio e di più della ricerca di questo artista che valica i confini del contemporaneo creando ponti che dall’età ellenistica arrivano fino alle visioni di un futuro ormai molto vicino.

Silvia Scaravaggi: sei già noto al pubblico italiano e lo studioso Mario Savini, tra gli altri, ha dedicato alla tua attività più di un articolo recente su Nòva del ilSole24Ore (si veda ad esempio https://mariosavini.com/2021/07/19/il-sole-24-ore-lartista-melanitis-allopera-con-lassistente-filosofica-circa) e nel suo libro Arte transgenica: la vita è il medium, edito nel 2018 da Pisa University Press (si veda l’intervista realizzata da Federica Fontana https://digicult.it/it/books/mario-savini-arte-transgenica-la-vita-e-il-medium). Nella tua attività artistica lambisci le frontiere dell’Intelligenza Artificiale, della Bioarte e, al contempo, i terreni più tradizionali della pittura e del disegno. Vuoi raccontarmi qualcosa di più su questa tua tendenza eclettica nella creazione?

Yiannis Melanitis: l’arte fa sì che i suoi atti contrapposti si trovino sulla punta di uno spillo, una serie di rischi resi necessari dalla nullità. L’arte, come la vita, è in un certo senso non necessaria, ma inaspettatamente comunque avviene. In un mondo asimmetrico, tutto, anche l’infinitesimale, può essere critico; il concetto di informazione si è posizionato su questa irraggiungibile vetta. Iniziati dall’informazione, possiamo costruire una teoria delle arti e della critica alla luce dei nostri tempi. Tutte le mie opere emergono da questo processo. Possiamo fare uno schema in cui la natura è posta da un lato e l’artista riflesso sull’altro (o all’interno di essa?). L’arte emerge dall’estensione di un tale schema nella natura o dall’imitazione di essa, questo in sintesi il teorema dualistico di Aristotele sulle arti. Come definito dal filosofo, in termini contemporanei, possiamo argomentare che la trasformazione della conoscenza specialistica dei meccanismi della natura in quanto Bioarte, DNA sintetico e pratiche di Intelligenza Artificiale, risieda nella estensione dello stato ontologico della natura, mentre la pittura realizza sostanzialmente un intervento di mimetismo. Il mimetismo anche in biologia è una procedura complessa che non deve essere intesa come mera ripetizione delle forme, racchiude l’artista su un palcoscenico, come un ladro di idee in un teatro, un set dove ogni animale fa circolare idee ispirate dagli altri. Decidendo che il concetto di informazione sia base filosofica dell’arte, possiamo definire l’atto di imitazione attraverso la distribuzione dell’informazione in natura: le pratiche di imitazione, come fa la pittura, copiano messaggi o segnali già utilizzati come parte di un sistema di comunicazione fisso ma forniscono anche informazioni fuorvianti ai destinatari.

Nel progetto di bioarte Leda Transgenic (2016) l’idea era di nascondere il mio nome all’interno della farfalla, nella natura stessa, un gene. Nascondere il codice umano all’interno di un insetto, proprio come fa Bach all’interno della struttura della fuga, principalmente nel suo ultimo lavoro, Die Kunst Der Fuge. Sulla partitura incompiuta di Art of Fugue, il figlio del compositore ha notato che a questo punto Johannes Sebastian stava morendo, nascondendo nella sua notazione musicale il suo nome facendo corrispondere la B al Si bemolle, la A al La, la C al Do e la H al Si (B♭–LA–C–B♮).

Inoltre, un artista scompare del tutto – si ricordi ciò che Károly Kerényi riferisce giustamente a proposito del dio Hermes: «In realtà, lui [il viaggiatore] si rende invisibile a chiunque (si ‘volatizza’), anche a se stesso»1. Nella pratica filosofica, l’ironia socratica è anche in parte concepita come una tecnica per ridicolizzare e far sparire il ‘sé’. Il nome dell’artista è uno strumento di camuffamento contro la morte, si può perciò capire il motivo per il quale i dipinti raffigurano imbroglioni, lestofanti e personaggi politici corrotti, ritratti compositi di una iconografia politica. I pattern informativi sono un elemento di sopravvivenza attraverso la gestione artistica delle simulazioni. Sono una sorta di hacking, praticato dalla preda nell’implementazione dell’interfaccia natura-predatore. La biologia e la teoria dell’informazione costituiscono, unite, uno strumento di pratica artistica da cui derivano i concetti che portano alle opere d’arte, e non viceversa. Tra imitare e completare ciò che la natura non può portare a termine2, l’importanza della scienza è fondamentale e, a mio avviso, l’informazione è l’unica base filosofica delle arti.

Silvia Scaravaggi: quanto sei legato al passato dell’arte, quali sono i tuoi punti di riferimento, i tuoi maestri prediletti? Quando abbiamo parlato la prima volta hai menzionato Piero di Cosimo e Caravaggio, Arcimboldo e Leonardo Da Vinci, mi interessa la relazione che hai con loro.

Yiannis Melanitis: Piero di Cosimo è affascinato dai punti di informazione straordinari, permutativi o idiosincratici della natura. Due modalità molto importanti sono utilizzate nel suo metodo: la prima è la “fantasia”, che significa l’assemblaggio di un patrimonio informativo in un insieme compatto, una metatesi di un’immagine ideale su un dipinto, e in secondo luogo, la “casualità”. La metodologia della “fantasia” presuppone l’intuizione di uno sfondo logico che Piero di Cosimo utilizza in un intreccio intricato del passato mitico.

È un momento unico nella vita dell’artista quello in cui posiziona quella particolare farfalla sul ginocchio di Afrodite nella tavola di Venere, Marte e Amore. È un atto irripetibile di ipersensibilità, una procedura informativa affinata in una serie di passaggi propri di quel pittore. L’artista è immerso nell’idea platonica che si può riassumere in un’affermazione: “ciò che è percepito come fisico nell’interfaccia “ideale-reale” non è la forma assoluta dell’oggetto o il concetto, ma il dato informativo che nel suo insieme ne costituisce la forma ideale”. Quindi una pianta o un animale non comune trovati da di Cosimo portano una rete di dati che possono essere utilizzati di conseguenza in più parti di un dipinto. Analogamente alle opere di Arcimboldo, l’Intelligenza Artificiale opera nell’intreccio di immagini e forme, collezionando, ordinando e selezionando quelle ideali per il sistema. Nel progetto AI CIRCE, una macchina apre una dialettica con gli esseri umani per definire l’opera d’arte. Tecniche e strategie sono controllate da un software di intelligenza artificiale per sintetizzare concetti qualitativi di pittura a olio, sui ritratti di personaggi politici camuffati, riconcettualizzando il processo artistico. La macchina sintetizza nuove forme attraverso la dialettica, discutendo con l’artista. L’interpretazione di questo dialogo porta a una fase finale del lavoro. L’artista sceglie da un certo numero di elementi selezionati che verranno utilizzati per creare un’immagine integrata. I componenti sono posti in sostituzione delle immagini originali e sono trascinabili dall’artista in eventuali posizioni alternative. Le immagini selezionate vengono quindi disposte e fuse in un’unica immagine.

Occuparsi delle informazioni rivelate dalla luce richiede alcune operazioni nella fucina dell’artista; questo impegno non poteva che includere l’esplorazione dell’uso di lenti, specchi e oggetti riflettenti, pratica che è stata un’ossessione per molti pittori, in particolare Vermeer e Van Eyck. Nel caso di Caravaggio, la rappresentazione della realtà attraverso una lente è rivelata, anche se distorta, dalla leggera deviazione provocata dallo specchio, visibile sul volto dell’Autoritratto in veste di Bacco (1595 circa) o più comunemente Bacchino malato di Villa Borghese, dove la relativa piattezza della testa indica una proiezione geometrica obliqua. Secondo Giovanni Baglione3, nel 1605 fu redatto un inventario degli oggetti di Caravaggio, dal quale risultava che possedesse due specchi, di cui uno convesso. Egli inoltre afferma che «le prime opere di Caravaggio furono eseguite attraverso uno specchio»4.

In entrambi i dipinti raffiguranti Bacco si riscontrano deformazioni dovute all’uso di lenti. Tuttavia, il lavoro di Caravaggio va oltre la capacità di utilizzare l’immagine proiettiva, costituisce un compito molto complesso. Ad esempio, il giovane Bacco alla Galleria Borghese, autoritratto di un Caravaggio malato, come nostos dell’antichità, implica la dolorosa realtà dell’epoca in cui viveva l’artista5 In una cosiddetta epoca post-romana, la malattia è la perdita del pensiero classico. Per Caravaggio malattia si traduce in rapporti cromatici· significa, in aggiunta alla sua condizione fisica, armonie di colore: giallo piombo (giallo piombo-stagno) accanto forse a un nero rame (ossido di rame) e non vite (nero vite) per raggiungere una specifica armonia cromatica che implica malattia.6 L’antichità non sarà mai avvicinata, rappresenterà la condizione ideale inaccessibile di un’arte “sana”. Considero questa la prima opera moderna, nel senso post-romano del termine. Sembra addirittura che il pittore cerchi di “nascondersi nella malattia”. Sto anche compilando uno Short Diary of a Sick Bacchus parallelamente al dipinto Ritratto premorte di Gaio Petronio.

Silvia Scaravaggi: parlami quindi dei tuoi due dipinti Ritratto premorte di Gaio Petronio (2017-in corso) e Apollo vigilante/Morte dal mare (2020-in corso).

Questa opera ha il suo avvio dal Bacco degli Uffizi, ma la posizione di Bacco è stata ribaltata. Si fa anche riferimento all’antico mosaico greco rinvenuto in alcuni scavi con l’iscrizione «euphrosyne» (colui che si rallegra in vita). Nella mia versione, Bacco, quasi un ritratto da Joker di quest’ultimo filosofo romano, si presenta con un teschio, nei cui spazi cavi stanno semi di melograno; è al momento del taglio delle vene, mentre filosofeggia. Nell’orecchio di Bacco sono riprodotte due falene pavone (Saturnia pyri). È implicito qui come in Caravaggio, un senso di mimetizzazione, un travestimento dell’artista nel personaggio di Gaio Petronio. Rispettivamente, il Bacco malato di Caravaggio, rappresenta una trascrizione dell’antichità nell’era moderna: davanti all’inaccessibile modello greco antico, l’artista è malato, incapace di avvicinarsi ad esso7.

Le distorsioni in questi miei ritratti non derivano esclusivamente dalla tecnica di spostamento degli obiettivi, ma anche da un precedente disegno digitale in cui, durante la pre-elaborazione, vengono assemblati gli elementi da varie fotografie.

Nella tecnica pittorica, la vita è spesso proiettata come deposito su materia morta. Tintoretto dipinse i corpi su uno scheletro, rivestendoli di pelle8. La deformazione può non nascere necessariamente dalla geometria di proiezione prospettica ma dalla peculiare geometria dell’oggetto quando è soggetto a forze esterne (schiacciamenti, rotazioni per asse, ecc.), o alla perdita di volume dovuta alla rimozione del suo nucleo interno. Nel mio dipinto il movimento della mano destra mostra il tentativo di fermare il flusso sanguigno. Petronio si è tagliato le vene, mentre filosofeggia con gli amici negli ultimi istanti prima della morte, che la morte sembra accidentale.

Nella Scuola platonica l’origine dell’esistenza delle cose è distinta in tre categorie, quelle realizzate dalla natura, dall’arte o dal caso: «Λέγουσί που τινες ὡς πάντα ἐστὶ τὰ πράγματα γιγνόμενα καὶ γενόμενα καὶ γενησόμενα τὰ μὲν φύσει, τὰ δὲ τέχνῃ, τὰ δὲ διὰ τύχην» («Alcuni affermano che tutte le cose che sono, che sono state, e che saranno, sono opera alcune della natura, altre dell’arte, altre ancora del caso»)9. L’ordine stesso può essere visto come una coincidenza10. Epicuro, contestualmente all’introduzione del clinamen, la cosiddetta deviazione, pone un monito affinché le persone non giustifichino il mondo attraverso il caso, visto che una forza universale del principio del caso potrebbe ribaltare la vita11. Un’opera di Giuseppe Arcimboldo qui analizzata per la sua correlazione con i sistemi di intelligenza artificiale, funziona come una natura morta invertita con la sua casualità specializzata; in molti dei suoi ritratti egli suggerisce immagini che si creano nella mente dell’osservatore. La casualità in un cesto di frutta è progettata in modo che la distribuzione dei frutti non dia inizialmente l’impressione di una composizione strutturata. Invertendo il dipinto, l’opera si rivela. Il capovolgimento della natura morta fornisce la vita. Le informazioni nel progetto complessivo rimangono codificate, il progetto acquisisce maggiori informazioni solo soddisfacendo una condizione specifica: in questo caso ruotando la posizione dell’immagine. La simmetria dell’informazione dà un beneficio allo spazio pittorico stabilito: le stesse forme hanno significati diversi, anche contrastanti.

L’eredità di Leonardo Da Vinci nella tecnica pittorica è la resa alla luce e alla sua universalità come fenomeno mentale – ogni tecnica deriva da questa concettualizzazione – come ottenere un’imitazione senza precedenti dalle sottili differenze di luce e ombra mentre idealizza il soggetto. Ciò ha richiesto più intermedi strati di un carattere diafano che differenzia l’uso della luce da qualsiasi altro artista della sua epoca. Le stratificazioni della pittura tendono ad essere infinite, quindi il lavoro diventa sempre più un processo. Le sue opere più importanti sono letteralmente non-finiti.

Apollo vigilante

Anche se l’artista scompare, alcuni fatti continuano ad accadere oltre il suo desiderio. Odisseo è stato il primo “artista” ad annullare se stesso: «Ciclope, domandi il mio nome glorioso? Ma certo, lo dirò; e tu dammi il dono ospitale come hai promesso. Nessuno ho nome. Nessuno mi chiamano madre e padre e tutti quanti i compagni».1 Nessuno (Outis) è un nome falso e auto-inventato dato a Polifemo ingannandolo con il suo doppio significato. Di fronte ai Ciclopi, Ulisse si nomina Οὖτις, solitamente tradotto come Nessuno o Nulla, come nel diciassettesimo capitolo dell’Ulisse di James Joyce, intitolato Itaca. Il lessico di Lidell-Scott si riferisce in modo impreciso a Οὖτις, Ού-τις come “chiunque”, un uomo che risponde alla domanda “chi?”. In greco antico, il pronome indefinito τις (qualcuno) è usato come aggettivo o come sostantivo solo nelle frasi affermative. Nelle frasi negative si usano le parole οὐδεὶς και μηδείς. L’etimologia di Outis significa proprio “non qualcuno”.
Più tardi, quando Odisseo lascia la terra dei Ciclopi e accecato Polifemo, dichiara la sua identità riemersa: «Sono Odisseo di Laerte, che per tutte le astuzie son conosciuto tra gli uomini, e la mia fama va al cielo».2A questo punto, il poeta omerico dirige, per la prima volta, l’emergere di un “ego”. Il corpo è in procinto di uscire dall’ambiente pre-epico nel campo d’azione dell’io, alla realizzazione della sua individualità. Questo accade in due modi: originariamente tramite l’invocazione di Odisseo davanti al Ciclope, successivamente con la sfida al dio Poseidone. Il corpo perduto appare attraverso la parola, le parole e il loro significato; il testo è l’arma della nuova era.

Nell’Odissea, l’eroe scende nell’Ade per parlare con il profeta cieco Tiresia; l’oracolo aveva previsto una seconda Odissea per placare l’offeso Poseidone. Dopo il ripristino del potere politico, l’eroe deve recarsi nei paesi del nord, dove gli uomini non conoscono il cibo salato e confondono il remo con il forcone, ignari del mare e della sua cultura. Infine, l’oracolo parla della morte che verrà dal mare: «La morte ti verrà dal mare» è probabilmente un’allusione alla storia della Telegonia, l’antico poema epico greco perduto. Il mito narra che Circe abbia dato alla luce il figlio di Odisseo, Telegono (significa “nato lontano”, sull’isola di Aeaea). Mentre una tempesta costringe Telegono a Itaca, incontra accidentalmente suo padre che ruba il suo bestiame. In una lite con questo sconosciuto, Telegono uccide Odisseo con la sua insolita lancia. Si noti che Odisseo diventa di nuovo invisibile agli altri. Apollo, tra l’altro, è presentato come un dio spietato, difensore dei Troiani nell’Iliade contro gli Achei e Odisseo. Ai miei occhi, più che un agente rappresentativo, è il Vendicatore non invitato, un Apollo Vigilante.

Silvia Scaravaggi: sei assistente professore all’Academia di Atene. Che relazione hai con i tuoi studenti e come trovi sia il loro apporccio all’arte? Vedi qualche nuova tendenza sorgere, quali sentimenti e reazioni emergono dalla cultura e dall’arte tra i giovani artisti ateniesi?

Yiannis Melanitis: La dialettica è al centro di questo approccio, non nel senso che tutto debba avere a che fare con la parola e con il principio di causa-effetto. Dialettica può essere anche nel silenzio. La didattica dell’arte può esistere oggi solo in una forma diversificata, del tutto distinta dagli anni dei nostri studi accademici (Melanitis è nato nel 1967, ndr), poiché, alla luce dei nostri tempi, non è possibile stabilire nuovi valori. In laboratorio non c’è una regola per nulla, la norma è qualsiasi rete individuale di riferimenti che deve essere costruita meticolosamente. Non c’è una strada sicura per l’arte, nemmeno una ragione per farla. La didattica mi aiuta a rimanere sempre all’erta.


1 Si veda Yiannis Melanitis, Hiding Art, Hiding Codes and the Comic Strategies of Total Disappearing. The artist, hidden inside the work of art, academia.edu.

2 Si veda Aristotelean epiteleitai, in Aristotele, Fisica, 199, 8-20. Traduzione Barnes.

3 Giovanni Baglione Romano, Le Vite dei pittori […], Napoli, 1642.

4 Genevieve Warwick, Caravaggio: Realism, Rebellion, Reception, University of Delaware Press, 2006, p. 17.

5 John F. Moffitt, Caravaggio in context: learned naturalism and Renaissance humanism, Jefferson, McFarland, 2004, p. 112.

6 Rossella Vodret, Caravaggio. Works in Rome. Technique and style: Entries, Cinisello Balsamo, Silvana Editoriale, 2016, p. 49.

7 Per la relazione tra l’immagine funebre e il sè, si veda, Patrick R. Crowley, The Phantom Image. Seeing the Dead in Ancient Rome. Chicago, The University of Chicago Press, 2019. Si veda anche Gian Biagio Conte, The Hidden Author: An Interpretation of Petronius Satyricon, Berkeley, University of California Press, 1996.

8 Robert Echols, Fredeck Ilchman (a cura di), Tintoretto. Artist of Renaissance Venice, Washington, National Gallery of Art, 2018, p. 81.

9 Platone, Libro X, sezione 888 e, riga 6.

10 Matthijs van Boxsel, The Encyclopedia of Stupidity, Reaction Books, 2004, p. 194.

11 Epicuro, Lettera sulla felicità, sezione 134.

12 Odisssea, 9, 364-367.

13 Odissea, 9, 19-20.