Auditorium San Fedele - Milano
13 / 02 / 2017

Settimo appuntamento della stagione INNER_SPACES 2017, il ciclo di musica elettronica e arte audiovisiva con performance dal vivo che coinvolge alcuni tra i principali esponenti della ricerca elettronica. Evento in collaborazione con Plunge, la serata di lunedì 13 febbraio al San Fedele vede l’attesa esibizione di due volti “storici” della sperimentazione musicale contemporanea che negli ultimi anni sono riusciti a conquistare il gradimento di un pubblico sempre più vasto ed eterogeneo.

Da un lato l’australiano Lawrence English, protagonista di una carriera ormai quasi ventennale nella quale ha saputo elaborare uno stile personale volto alla ricerca di un “suono d’impatto” epidermico e immersivo. English presenterà in anteprima internazionale l’adattamento per l’Acusmonium Sator di “Viento”, una composizione realizzata servendosi di field recordings registrate in Antartide. Prima di lui il berlinese Jan Jelinek a Milano grazie al sostegno del Goethe-Institut, fra gli autori che hanno affrontato in maniera più problematica e inusuale l’universo minimal-techno, inquadrandolo da una varietà di prospettive diverse ed esplorandone i confini più estremi e lontani dalla club culture.

Artista prolifico e instancabile, Lawrence English è protagonista da anni di un percorso vario ed eclettico, che lo ha portato a indagare concetti e dinamiche come la memoria, la percezione, l’impatto del suono sulle interazioni fra esseri viventi, lo spazio, la relatività e le relazioni tra interiorità ed esteriorità, senza mai perdere di vista l’attenzione per l’essenza del suono stesso.

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Negli ultimi anni, il suo percorso si è concentrato sulla ricerca di un “suono d’impatto” in grado di tradurre sensazioni come frustrazione e rivolta interiore in un concentrato di armonie sintetiche, frammenti di suoni organici e stratificazioni drone. Uno sfondo teorico concretizzato e compiuto in album come “The Peregrine” (2011) e “Wilderness Of Mirrors” (2014), quest’ultimo da più parti acclamato come uno dei capolavori della produzione elettronica contemporanea.

Nella seconda parte della serata si esibirà il tedesco Jan Jelinek, una delle figure cardine dell’elettronica dagli anni 2000 a oggi. In un percorso tortuoso e variegato, in parte celato attraverso pseudonimi e alter ego (Farben, Gramm, Gesellschaft Zur Emanzipation Des Samples, The Exposures), Jelinek si è impegnato in una lenta e costante ridefinizione dei confini della minimal-techno, esplorandone le terre di contatto con dub, jazz, funk e soul.

Il suo primo album, “Loop-finding-jazz-records” (1999) è oggi un vero e proprio oggetto di culto, e ha inaugurato una serie di album tutti pubblicati per l’etichetta ~scape di Stefan Petke (Pole), uno dei numi tutelari dell’universo glitch degli anni Novanta.

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Raggirando le regole della musicalità tradizionale, Jelinek assembla collage sonori a partire da minuscoli frammenti, sequenze musicali dimenticate e ritrovate, provenienti da campionatori, registratori a nastro, lettori multimediali e altri supporti di registrazione. Per mezzo di loop e lievi modulazioni riesce a distillare l’essenza di un brano musicale e definirlo più chiaramente mascherando, tuttavia, la sua fonte originaria. Un’operazione mutuata suggestivamente dalla “riduzione acusmatica” della musique concrète, che troverà nella spazializzazione offerta dall’Acusmonium Sator il suo ideale strumento di espressione.


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