“L’esterno ci mette a disposizione un’abbondante dose di terrori. Ma questi terrori non esauriscono tutto ciò che c’è da dire sull’esterno”1. Inizio con una citazione di Mark Fisher proveniente dal suo ultimo libro The Weird and the Eerie (2018) questo articolo su un altro libro, Memestetica, il settembre eterno dell’arte scritto da Valentina Tanni e pubblicato nel luglio 2020 dalla casa editrice NERO Editions.

Una scelta forse bizzarra ma che trovo particolarmente calzante rispetto a ciò che mi sembra l’autrice sia riuscita a fare con questo libro, un progetto editoriale importante che riesce in un’operazione non scontata, ovvero far convergere in un unico spazio fisico e teorico una serie di fenomeni e sottoculture che sono state raccontate per anni con una certa difficoltà e parzialità. Valentina Tanni si immerge in questo mondo, caratterizzato da elementi spesso assurdi, disturbanti e spiazzanti, e lo racconta oltre gli stereotipi e i pregiudizi ad esso legati. I temi sviluppati in Memestetica sono diversi e difficili da riassumere in categorie analitiche rigide e nette.

Ognuno ha una propria centralità e importanza all’interno del discorso e in riferimento a prodotti culturali e sociali che incontriamo nella nostra quotidianità: l’evoluzione tecnologica della fotografia, l’era del nonsense e dell’assurdo, il valore del brutto e del fallimento, la grammatica dei meme, l’assimilazione della performance art e il personal broadcasting. Come in un susseguirsi di hyperlink, l’autrice riesce a trattare ogni tema nella sua complessità, attraverso riferimenti teorici, visivi e artistici, che si intrecciano e rincorrono all’interno del testo, per poi confluire all’interno di un’analisi più ampia e produrre una panoramica della cultura visuale contemporanea, affrontata come prodotto culturale autonomo e posizionata all’interno di una propria eredità storica.

Valentina Tanni è storica dell’arte, curatrice e docente; la sua ricerca è incentrata sul rapporto tra arte e tecnologia, con particolare attenzione alle culture del web. Insegna Digital Art al Politecnico di Milano e Culture Digitali alla Naba – Nuova Accademia di Belle Arti di Roma. Collabora dal 2011 con la redazione di Artribune. Ha pubblicato Random. Navigando contro mano, alla scoperta dell’arte in rete (Link editions, 2011) e Memestetica. Il settembre eterno dell’arte (Nero, 2020). Dal novembre 2020 è membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Quadriennale di Roma.

Come si evince immediatamente dal titolo, l’analisi del linguaggio memetico e del sistema estetico ad esso collegato sono una costante, che viene declinata nel testo in relazione a tematiche diverse. Tuttavia, l’obiettivo principale del saggio è sicuramente quella di portare avanti una riflessione ampia sull’evoluzione dell’immagine, fotografica e non, e soprattutto sul modo in cui noi ci rapportiamo ad essa. La tecnologia e gli strumenti digitali vengono analizzati e raccontati infatti nella misura in cui l’autrice ne studia gli effetti sulla società e i cambiamenti culturali da queste innescati. La componente umana è dunque centrale, perché il valore e il significato di questi prodotti si sviluppano in relazione al modo in cui vengono percepiti, assimilati, appropriati e riprodotti nel regno digitale.

La produzione fotografica è un ambito d’analisi privilegiato, in quanto strumento instabile ma pervasivo di riproduzione e di creazione del reale. Lungi dall’essere un mezzo soppiantato dalle nuove possibilità tecniche, la fotografia acquista infatti una rinnovata centralità nell’ecosistema visivo contemporaneo. Come spiega l’autrice: “L’evoluzione che riguarda la fotografia non è soltanto di natura tecnologica, ma anche filosofica e sociale. Il dato più rilevante riguarda il suo rapporto con i concetti di realtà e verità – un rapporto divenuto letteralmente schizofrenico”2. Sempre più persone possono partecipare, più o meno consapevolmente, alla produzione di un immaginario condiviso e la fotografia è lo strumento principale attraverso cui si articola questa produzione.

Se secondo Jean-Louis Comolli3, la macchina fotografica estende lo sguardo umano, potenziandolo altre ogni immaginazione, le nuove tecnologie permettono di estendere la stessa capacità creativa del mondo oltre la sua rappresentazione. Nonostante la consapevolezza delle possibilità di manipolazione di questi strumenti, che noi per primi operiamo ogni giorno sui nostri contenuti, foto e video continuano ad essere i principali mezzi di documentazione e archiviazione – pics or it didn’t happened. Uno scambio continuo tra mondo reale e mondo digitale, reso possibile anche da una disseminazione di supporti su ampia scala che non ci permette di sottrarci al racconto ma che anzi si integra naturalmente in ogni momento della quotidianità.

Una dinamica particolarmente interessante che viene sviscerata nel corso del libro è il rapporto tra produzione memetica e produzione artistica. Due ambiti che sembrano naturalmente lontani per storia e struttura e sono spesso in contrapposizione, come fa notare l’autrice spesso su internet l’arte contemporanea viene ridicolizzata e recepita con fastidio, ma che condividono in realtà un’ampia gamma di codici e valori. Il sistema dell’arte, così come il mondo del world wide web, ha portato avanti dalla fine del XX secolo una grande campagna per la democratizzazione dei mezzi di produzione e fruizione. In ambito artistico, le prime avanguardie del Novecento avevano già avviato una messa in discussione della concezione tradizionale dell’arte e del fare artistico con l’ambizione di superare la separazione tra arte e vita, che sembra aver trovato nel web la sua realizzazione.

Una maggiore diffusione e facilità di accesso ad internet hanno dunque reso queste ambizioni realtà, producendo una partecipazione di massa che non ha però dato vita all’utopia tanto auspicata. Come in una materializzazione del meme Expectation vs. Reality. L’emancipazione dell’individuo rispetto ai mezzi tecnici e teorici e la progressiva perdita di controllo e autorità da parte del sistema dell’arte e di una comunità digitale originaria ha infatti spesso prodotto ostilità e chiusura. In questo senso, il testo segue un percorso circolare che trova inizio e fine nel concetto di settembre eterno.

Un’espressione che simboleggia il momento storico in cui internet avvia la sua trasformazione in mezzo di comunicazione di massa – settembre 1993 – e si apre ad un ingresso continuo di neofiti e amatori e che l’autrice applica anche al contesto dell’arte, caratterizzata dall’affermazione di una creatività amatoriale sempre più diffusa e incontrollabile. Nuove persone, nuove energie ma anche nuove tensioni. Una conflittualità perpetua tra il vecchio e il nuovo.

L’analisi del rapporto tra arte e meme è sicuramente uno degli aspetti più interessanti del testo, sia per il contenuto che per le modalità attraverso cui viene portata avanti. Attraverso un’accurata scelta e disposizione delle immagini l’autrice riporta una serie di opere di artisti e/o amatori e instaura una serie di parallelismi che permettono di visualizzare l’evoluzione visiva all’interno del percorso teorico. L’arte non è però utilizzata come uno strumento di riflessione, che resta comunque esterna e altro, ma è parte integrante di un ecosistema di immagini e segni, spesso soggetti alle stesse dinamiche digitali come il caso della scultura di Patricia Piccinini4.

Nonostante un’apparente svalutazione della produzione artistica, paventata da molti in relazione all’affermarsi della creatività amatoriale e ad una maggiore accessibilità agli strumenti di produzione, risulta evidente come la produzione artistica contemporanea e la tradizione delle avanguardie siano la struttura attorno cui si sviluppano, più o meno consapevolmente, le nuove strategie e pratiche culturali di massa – un fenomeno indicato da  Darren Wershler con l’espressione conceptualism in the wild5.

Un concettualismo spontaneo ma che non per questo perde di valore, anzi si potrebbe dire che il mondo digitale sembra a volte aver capito la natura di alcuni movimenti ed esperimenti artistici prima ed in modo più efficace del sistema artistico istituzionale. Particolarmente affascinante in questo senso è la riflessione sull’utilizzo del corpo e di linguaggi propri della performance art su piattaforme come YouTube e TikTok.

In un mondo digitale caratterizzato da un continuo crollo del contesto, che rende complessa la decifrazione e fruizione dei contenuti e che permette ad ogni messaggio di essere continuamente plasmato e rielaborato, Memestetica ha la capacità di ricostruire questo contesto e di ridefinire con chiarezza un panorama sociale e culturale all’interno del quale questi fenomeni si muovono, senza la volontà di instaurare categorie o gerarchie, ma anzi stabilendo con chiarezza la necessità di rimuovere tali barriere in nome di una maggiore inclusione e accessibilità ed incorporare all’interno dell’analisi un approccio transdisciplinare.


Tutte le immagini contenuti nel libro sono raccolte sulla piattaforma:
https://www.greatwallofmemes.com/

NOTE

  1. Mark Fisher, The Weird and the Eerie. Lo strano e l’inquietante nel mondo contemporaneo (Roma, minimum fax, 2018), 8.
  2. Valentina Tanni, Memestetica. Il settembre eterno dell’arte (Roma, NERO Editions, 2020), 42.
  3. Jean-Louis Comolli, “Machine of the Visible”, in Timothy Druckery, ed., Electronic Culture. Technology and Visual Representation (New York, Aperture Foundation, 1996).
  4. Valentina Tanni, Memestetica. Il settembre eterno dell’arte (Roma, NERO Editions, 2020), 125-126.
  5. Darren Wershler, Best Before Date, alienated.net, 2012, http://www.alienated.net/poetics/best-before-date/.