La mostra Hidebehind di Matteo Giuntini (Livorno, 1977) è una esperienza nuova di visualizzazione delle opere in digitale. Non esiste più uno spazio fittizio, ricreato come galleria, sala o stand, in questo caso le opere si scelgono con il proprio device mobile nella sezione augmented reality del sito Vera Canevazzi Art Consulting, che ha realizzato il progetto, e si visualizzano in qualsiasi spazio, dal muro di casa a ogni altra superficie.
Colpisce la semplicità di fruizione: per il progetto non è stata infatti realizzata una applicazione, ma la visione passa solo attraverso il sito a cui collegarsi, che diventa lo strumento con cui far apparire le opere nell’ambiente.
L’esposizione è a cura di Caterina Frulloni ed è realizzata a pieno titolo come una mostra in presenza, le opere sono reali e sono state create dall’artista per l’occasione, con un catalogo e una attenta curatela. La novità sta nell’approccio, non si visita la mostra con un tour virtuale, ma si sceglie l’opera e la si visualizza dove si desidera.
La proposta si presta a innumerevoli scelte espositive, tant’è che il fruitore può ricreare il proprio personale percorso visualizzando le opere di Giuntini, affiancandole ad altre, sovrapponendole. Questa infinita possibilità di opzioni spaziali nell’ambiente virtuale richiama anche scelte ludiche e insolite. Ne ho parlato con Matteo Giuntini per capire l’approccio di un artista visivo a questa novità.
Silvia Scaravaggi: Qual è l’intento della tua mostra Hidebehind?
Matteo Giuntini: Si tratta della digitalizzazione di opere reali, non è quindi un progetto di arte digitale, ma un modo per far sperimentare attraverso la realtà virtuale le opere fisiche, materiche, rese con assoluta attenzione al dettaglio, alla veridicità dei colori e della restituzione dell’opera nel suo complesso.
Come artista che lavora prevalentemente con tele e colori, con la materia, sono lontano dalla produzione digitale ma poter realizzare una virtualizzazione delle opere mantenendo la qualità mi ha fatto sentire assolutamente a mio agio.
Silvia Scaravaggi: Quale differenza trovi, come artista, in Hidebehind rispetto alle classiche esposizioni?
Matteo Giuntini: Dal punto di vista della realizzazione delle opere, dal punto di vista curatoriale, non ho percepito una diversità. Il progetto si ispira alla leggenda di un mostro presente nelle foreste del Nordamerica per trattare il tema del nascosto, dalla pratica pittorica dell’artista a ciò che si cela nel nostro immaginario. Come sottolinea la curatrice della mostra: Hidebehind è letteralmente “ciò che si nasconde dietro” e che per sua natura, sempre ci sfugge. In qualche modo quindi c’è un collegamento tra questo guardare oltre e la sperimentazione di una diversa forma di fruizione.
Silvia Scaravaggi: Per l’occasione hai creato dieci opere nuove, come lavori su di esse e che trattamento è stato fatto per questo progetto?
Matteo Giuntini: Inizio da un lavoro ipoteticamente finito per modificarlo successivamente, aggiungendo o togliendo alcuni elementi, coprendo determinate porzioni, iniziando un processo di fusione con forme diverse che generano una trasformazione. Tutte le parti dell’opera sono connesse con il processo creativo e un aspetto che mi interessa molto è la sovrapposizione di significati differenti e l’aggiunta di senso che chi guarda può contribuire a formare. Un esempio di questa dinamica è legata ai titoli che scelgo in modo volutamente casuali affinché siano aperti a una nuova stratificazione semantica. Le opere non sono digitali, sono fisiche, e per Hidebehind è stato fatto un lavoro particolare per rendere in modo molto dettagliato la texture, l’uso della materia. Anche il retro di ogni quadro è stato reso fedelmente, volevo che fosse il più autentico possibile. La visione virtuale non sostituisce il quadro ma è solo una nuova possibilità per vederlo e per creare una punto di vista autoriale, all’interno di una proposta curatoriale.
HIDEBEHIND. Matteo Giuntini
A cura di Caterina Frulloni
https://www.vera-artconsulting.com/featured_item/matteo-giuntini-hidebehind
www.instagram.com/matteogiuntini