Come ha fatto il sistema tecnico in cui viviamo a diventare quello che è? Il livello crescente di automazione costituisce un ostacolo alla capacità politica ed emozionale umana nella libera individuazione del soggetto? E se il soggetto non avesse più bisogno di lavoro, di responsabilità, di autoriflessione e vivesse in un ambiente amorevole altamente monitorato?
La rassegna The Promise of Total Automation rivolge il suo sguardo al fascino dell’automazione. L’attrattiva di una vita automatizzata non solo corrobora la generazione, la comunicazione e il controllo del capitalismo finanziario, ma alimenta sogni e utopie di una relazione ecologica tra gli esseri umani, la tecnologia e la natura.
Basandosi su teorie, convinzioni e visioni divergenti, gli artisti coinvolti nel progetto sono invitati a sviluppare un punto di vista personale sul tema.
Siamo già schiavi degli oggetti in origine ideati per soddisfare i nostri desideri, o lo saremo alla fine? Oppure aprono semplicemente la strada a nuovi modi di pensare, creando e configurando sul piano culturale, politico e sociale quanto ancora abbiamo da esplorare? La fede nelle “cose” e negli strumenti tecnici costituisce una rottura autentica e di emancipazione dalla tradizione antropocentrica e capitalistica o finirà solo per rafforzarla per il bene del capitale e di pochi, per salvaguardare il colonialismo digitale della mente e dello spazio?
Gli artisti che prendono parte alla rassegna adottano l’idea di una comunità post-umana, fatta di oggetti, tecnologie ed esseri interdipendenti, come punto di partenza per le loro ricerche su desideri, affetti e immaginazione, sull’estetica, l’etica, la trasmissione di conoscenze e la responsabilità politica. Macchine di produzione, oggetti tecnici, immagini e illustrazioni popolano lo spazio e hanno origine non solo dall’archeologia dell’era digitale, ma anche dal sogno di un futuro tecnologico.
“Promise of total automation”, la promessa di un’automazione completa, era il grido di battaglia del Fordismo e l’apparato tecnico e mediale era la sua arma. Tuttavia, non si può ridurre l’automazione a solo processo economico-produttivo, perché ha anche una dimensione socioculturale. Muovendo da una critica sulla razionalizzazione di menti e corpi, la mostra avanza la prospettiva dell’automazione quale fautrice di nuove forme di soggettività, che alimenta l’immaginazione radicale e incoraggia una nuova ecologia politica delle cose.
Artisti: Athanasios Argianas, Zbyněk Baladrán, Thomas Bayrle, James Benning, Bureau d’études, Steven Claydon, Tyler Coburn, Philippe Decrauzat & Alan Licht, Harry Dodge, Juan Downey, Cécile B. Evans, Judith Fegerl, Melanie Gilligan, Peter Halley, Channa Horwitz, Geumhyung Jeong, David Jourdan, Barbara Kapusta, Konrad Klapheck, Běla Kolářová, Nick Laessing, Mark Leckey, Tobias Madison & Emanuel Rossetti, Benoît Maire, Mark Manders, Daria Martin, Shawn Maximo, Régis Mayot, Wesley Meuris, Gerald Nestler, Henrik Olesen, Julien Prévieux, Magali Reus
Curatore: Anne Faucheret