Nel 2011 Afroditi Psarra, artista e scienziata ateniese con un’inguaribile passione per la letteratura cyberpunk e un debole per le tecniche artigianali tradizionali, ha costruito un sintetizzatore in tessuto e l’ha suonato dal vivo nel corso di una performance. Essendo il risultato di esperimenti con il generatore di rumore bianco LilyPad Arduino, il suo nome è Lilykord, parte di una serie chiamata Lilytronica, ed è uno dei primi risultati della sua ricerca costante nel campo dei dispositivi indossabili e sensibili open-source, con componenti elettronici ricamati.

Due anni dopo Psarra ha presentato Idoru(), una performance sonora interattiva volta a trasformare il corpo umano in un’interfaccia tramite un particolare vestito elettronico non pervasivo intessuto di sensori. Con il suo fascino minimal e retro-futuristico, quest’abito traduce in frequenze e dati ogni movimento effettuato dal performer all’interno dello spazio, convertendolo in suono. Grazie ad un microprocessore LilyPad Arduino, un’antenna wireless Xbee, fili e tessuti conduttivi e poco più, il performer è in grado di dare vita ad un paesaggio sonoro immersivo che il pubblico può fisicamente sperimentare.

Di volta in volta Psarra ha contribuito a spingere la ricerca sul potenziamento umano un po’ più in là, mescolando tradizione folk, cultura pop, elettronica fatta a mano e linguaggi di programmazione per creare arte, veicolando anche questioni sociali, biologiche ed ambientali. Grazie ad abiti affascinanti come Divergence, Soft^Articulations o Fractal Antennae, è riuscita a trasformare il corpo umano in un collettore di radiazioni, capace di rilevare tutte le onde invisibili che silenziosamente ci circondano e ci attraversano – radio, Wi-Fi, o elettromagnetiche – rendendole percepibili tramite segnali luminosi, vibrazioni e feedback sonori.

Gli ultimi sviluppi del suo lavoro includono Cosmic Bitcasting, una tunica in neoprene con degli attuatori incorporati che consente al corpo umano di percepire e visualizzare le radiazioni cosmiche che abbiamo intorno e quindi di caricare tutti gli output su un computer. Un’ulteriore evoluzione di questo progetto sarà creare un archivio aperto di dati cosmici a cui tutti possano accedere, ed eventualmente arricchire, fornendo un utile strumento per la ricerca scientifica in questo campo e per portare il genere umano un po’ più vicino all’universo.

Con un occhio di riguardo al lavoro aperto e alla condivisione, Afroditi tiene viva la tradizione femminile del lavoro a maglia e del ricamo, dimostrando che – con la sola aggiunta di un pizzico di physical computing e materiali conduttivi – è ancora una valida forma espressiva nell’era contemporanea. Oggi Psarra è assistente universitaria presso DXARTS, il Centro per Arti Digitali ed Experimental Media della University of Washington a Seattle, dove gestisce anche il SoftLab, un laboratorio dedicato alle sperimentazioni con i wearables, ed è la persona con cui parlare quando volete fare il punto su e-textile e tecnologie DIY e DIWO.

Federica Fontana: Vorrei iniziare parlando di un tema apparentemente insolito per l’ambito dell’e-textile: il ruolo della sonificazione, e del suono in generale, nella maggior parte dei tuoi lavori. Perché questo aspetto è così importante per te?

Afroditi Psarra: Credo che il suono sia il mezzo più diretto per creare esperienze e anche intrinsecamente legato all’idea di fisicità. Il suono può creare spazialità, può essere percepito attraverso il corpo, può creare associazioni e innescare risposte emotive. Anche se a prima vista può sembrare estraneo al campo dell’e-textiles, i miei primi esperimenti con i soft-circuits avevano come obiettivo quello di creare macchine sonore, cosa che mi ha portato ad interessarmi molto all’esplorazione della sintesi del suono tramite l’elettronica fai da te e i processi algoritmici. Inoltre, credo che gli e-textile e le tecnologie indossabili siano i mezzi ideali per esplorare le prestazioni del suono e per creare piccoli meccanismi che amplifichino i paesaggi sonori nascosti che ci circondano.

Federica Fontana: I tuoi materiali sono sostanzialmente componenti elettronici, sensori e tessuti… il risultato sono wearables ibridi che permettono a chiunque li indossi di trasformarsi in un’interfaccia. Lavorando con questi elementi ti trovi ad affrontare solo problemi di natura tecnica o anche estetica?

Afroditi Psarra: Nell’ambito dell’e-textile funzione ed estetica vanno di pari passo. L’inserimento di componenti elettronici o di altri materiali (come tessuti e fili conduttivi o resistenti) è la chiave per la creazione di circuiti funzionali e interazioni significative. Nei miei progetti ciò che mi interessa è creare qualcosa che sia funzionale dal punto di vista tecnico ma allo stesso tempo anche esteticamente piacevole.

Federica Fontana: La maggior parte dei tuoi progetti sono il risultato di collaborazioni con altri professionisti: fisici, architetti, performer ecc… in che modo interagisci con loro durante il processo creativo? Si tratta di un brainstorming di gruppo o si limitano semplicemente a supportarti con particolari competenze tecniche?

Afroditi Psarra: Ogni collaborazione è diversa, ma coinvolge allo stesso livello tutte le persone che ne prendono parte. Quando collaboro con altri artisti/designer/architetti, o scienziati, organizziamo varie sessioni di brainstorming, poi facciamo ricerche sul tema che ci interessa approfondire e infine passiamo attraverso diverse fasi di prototipazione. Per esempio, nella mia collaborazione con Cecile Lapoire – il fisico sperimentale delle particelle con cui ho realizzato il rivelatore indossabile di radiazioni cosmiche Cosmic Bitcasting – i confini tra il ruolo dell’artista e quello dello scienziato erano piuttosto sfumati.

Abbiamo collaborato in ogni aspetto del progetto, dall’estetica e i materiali, fino alla produzione e alla programmazione. In altri progetti, come Iodru () o Soft^Articulations, ho creato personalmente le interfacce e le sintesi sonore e ho lavorato con i performer in una fase successiva, per capire la meccanica e i limiti dei movimenti del corpo entro cui questi sistemi indossabili potevano funzionare correttamente. Detto ciò, durante la presentazione i performer hanno avuto totale libertà di improvvisare come volevano, quindi, di nuovo, anche se i processi di collaborazione sono diversi tra loro, ogni partecipante ha un ruolo ugualmente importante nello sviluppo del progetto.

Federica Fontana: Restando in tema collaborazioni professionali, uno degli esiti è la serie The Culture realizzata con l’architetto Dafni Papadopoulou durante una residenza a Milano nel 2015. L’opera si ispira alla serie “The Culture” di Ian M. Banks e simboleggia la tua forte connessione con la letteratura cyberpunk. In che modo questa passione influenza la tua professione? Che cosa ti ispira di più: la tecnologia o la letteratura?

Afroditi Psarra: La fantascienza è il mio paradiso. Adoro immergermi in mondi futuri sconosciuti, senza manuali e schede tecniche. Penso che la letteratura che si interessa di tecnologia non debba basarsi necessariamente su “verità” scientifiche, a meno che non si parli di hard sci-fi, che è una cosa completamente diversa; gli scrittori di fantascienza prendono l’idea di una tecnologia come punto di partenza e la sviluppano in modi totalmente inaspettati. Tenendo in considerazione questo aspetto speculativo della fantascienza, mi ispira profondamente creare un’arte che sia in grado di parlare dell’epoca che stiamo vivendo, creando rappresentazioni poetiche e generando un discorso critico. La tecnologia è solo uno dei mezzi che uso per farlo e non l’obiettivo finale.

Federica Fontana: Due aspetti significativi della pratica dell’e-textile sono l’utilizzo delle tradizionali tecniche artigianali e l’impegno sociale. In che modo questi due aspetti interagiscono tra loro in un’opera come Oiko-nomic Threads?

Afroditi Psarra: Oiko-nomic Threads è un’opera nata su commissione del Museo di arte moderna di Atene e del Greek National Documentation Center, che mi hanno dato l’opportunità di collaborare con due artisti greci dal talento eccezionale, Marinos Koutsomichalis. Anche se la nostra collaborazione non aveva lo scopo di produrre un’opera politica, abbiamo deciso di usare i dati finanziari dell’Agenzia di lavoro Manpower, dal momento che vivere ad Atene nel tumulto della crisi finanziaria, ci sembrava qualcosa di molto rilevante per le nostre esperienze quotidiane. Inoltre, anche se la Grecia è nota soprattutto per l’arte classica antica, ha anche una ricca tradizione di oggetti d’artigianato, testimoniata da secoli di archivi di arte popolare e, fino a poco tempo fa, questa tradizione era una parte centrale della produzione domestica.

Così abbiamo deciso di giocare con questa idea di produzione domestica – la parola oikos significa casa – con la realtà economica della disoccupazione, che abbiamo deciso di materializzare producendo un archivio tessile della crisi. L’opera ha in sé molti livelli concettuali oltre che tecnici, ed ha richiesto molti mesi di ricerca tanto sui motivi dell’artigianato tradizionale, quanto sull’hacking delle macchine e sulla programmazione creativa, per arrivare a produrre una visualizzazione algoritmica di questi dati finanziari in via generativa. Questo tessuto è prodotto a mano con una macchina hackerata, che enfatizza la fisicità e l’impegno che vengono impiegati nella creazione di questo archivio tessile.

Federica Fontana: Parliamo della tua ultimissima opera, Fractal Antennae. Un frattale è uno schema infinito che si ripete in loop di continuo. È insieme un elemento matematico e un pattern presente in natura. Ma per creare questa particolare forma su un capo, hai dovuto affrontare qualche difficoltà tecnica…

Afroditi Psarra: Sì, Fractal Antennae è fondamentalmente un progetto di ricerca che mira a sperimentare i diversi metodi di fabbricazione per creare antenne frattali indossabili, che possono essere utilizzate con diversi circuiti di rilevamento di campi elettromagnetici come trasmettitori e ricevitori per raccogliere onde radio. Anche se il progetto è ancora alle sue fasi iniziali, finora ho sperimentato diversi materiali come filati conduttivi di rame, filati resistenti contenenti argento, taffetà di puro rame, lycra placcato in argento e tessuti a base di argento/cotone. Per la progettazione algoritmica dei frattali ho utilizzato Processing e finora ho lavorato con il Triangolo di Sierpinski e le curve frattali riempitive di Minkowski e di Hilbert nelle loro prime quattro iterazioni, mentre per realizzarli ho sperimentato il taglio laser (per tessuti), il ricamo a mano e a macchina per i fili conduttivi e la lavorazione a maglia meccanica per filati resistenti.

Le difficoltà tecniche variano a seconda del metodo. Ad esempio il taglio laser su piccole dimensioni, specialmente quando si lavora con il triangolo di Sierpinski, è abbastanza impegnativo, dal momento che la ventola all’interno del laser può spazzare via facilmente i piccoli pezzi triangolari, senza considerare che il trasferimento della forma su un tessuto non conduttivo può essere incredibilmente ostico quando si devono assemblare e stirare tutti i singoli pezzi. Detto ciò, altri modelli frattali come la curva di Hilbert o il fiocco di neve di Koch possono essere abbastanza robusti e funzionare perfettamente.

Nel ricamo a mano il processo di realizzazione può essere piuttosto complesso e si deve tenere presente che la parte posteriore del tessuto deve essere coerente ed apparire come quella anteriore, il che significa che funzioneranno solo alcuni tipi specifici di punti. Nel ricamo a macchina si può facilmente evitare questo problema selezionando direttamente il tipo di punto di cui si ha bisogno, ma poi ci si trova davanti ad altri problemi come la rottura costante del filo conduttivo, per la sua sottigliezza e la trazione della macchina, ecc. Nel complesso, lavorare con gli e-textile è impegnativo e richiede molta improvvisazione.

Federica Fontana: la tua ricerca, come quella di una vasta gamma di artisti, da Stelarc a Neil Harbisson e Moon Ribas ad esempio, ha a che fare con il potenziamento del corpo per portare le percezioni umane oltre i loro limiti naturali, esplorando nuovi modi di percepire l’impercettibile. C’è un motivo in particolare per cui hai scelto di lavorare con prodotti tessili invece che con la pelle? Quali sono le differenze tra il tuo approccio e il biohacking?

Afroditi Psarra: Il mio dottorato di ricerca era proprio sulla letteratura cyberpunk e sulla media performance, quindi ho analizzato a fondo l’estetica cyborg, ma lavorare con l’e-textile è capitato quasi naturalmente. Dopo la laurea mi sono appassionata di creative coding e trascorrevo tantissimo tempo davanti allo schermo del computer. Data la mia precedente esperienza come artista visiva, ero abituata a lavorare coinvolgendo tutto il corpo e principalmente a creare cose con le mani. Così, mentre imparavo a programmare mi sono imbattuta nel ricamo e ho cominciato a conoscere il campo dell’e-textile; è stata una grande opportunità per me combinare questi due diversi approcci alla produzione artistica.

Trovo molto interessante l’idea della lavorazione a mano, il laborioso processo di acquisizione di competenze che richiede questo ambito, e il legame profondo con la tradizione. Inoltre considero i tessuti come interfaccia tra il nostro corpo e il mondo, nel senso che un tessuto/indumento agisce come una seconda pelle, senza invadere il corpo stesso. Inutile dire che trovo estremamente interessante il biohacking e vorrei sperimentarlo, se ne avrò la possibilità.

Sono profondamente grata di far parte di una comunità attiva di artisti, grafici e ricercatori come l’E-textiles SummerCamp, e molti dei miei colleghi professionisti dell’e-textile come Aniela Hoitink, Giulia Tomasello, Melissa Coleman, Svenja Keune, Anastasia Pistofidou e Ricardo Onascimiento stanno sperimentando l’idea di raccogliere e creare biomateriali. Ho anche trovato molto stimolante il lavoro di Hackteria Lab e Gynepunk che si impegnano nel biohacking con una ricerca e un metodo open-source.

Federica Fontana: Raccogliendo i dati di rilevamento e inserendoli in un database gratuito accessibile a tutti per fare ricerche, Divergence e Cosmic Bitcasting funzionano anche come sistemi di raccolta di dati: hai mai pensato al potenziale di tutti questi dati per l’industria, o al loro possibile utilizzo in futuro nel wellness, ad esempio?

Afroditi Psarra: Sì, l’ho fatto e penso che il potenziale sia molto alto in questo specifico settore, anche se devo ammettere di non essere una gran sostenitrice del movimento del “Quantified-Self”. Da artista mi occupo di creare/progettare interfacce e meccanismi in grado di fornire un’interpretazione critica/poetica del mondo che ci circonda. Mi piacerebbe vedere questi dati caricati su server aperti utilizzati per la citizen science, per scopi artistici o altre ricerche su fenomeni scientifici, e non come beni monetizzabili per l’arricchimento personale.

Detto questo, le aziende del wellness hanno le loro “agende” e se volessero creare dati come questi, spenderebbero ingenti somme di denaro e risorse in ricerca e sviluppo per creare i loro prodotti e servizi. Io sono a favore dell’approccio open-source, fai da te e a basso costo che può essere creato da tutti, e quindi contribuire alla democratizzazione della tecnologia.

Federica Fontana: Qual è la tecnologia che hai intenzione di sperimentare a breve?

Afroditi Psarra: Sono particolarmente interessata alla percezion dell’invisibile e al crearne manifestazioni fisiche, quindi vorrei continuare ad esplorare le onde radio. Sono attivamente alla ricerca di opportunità di sovvenzione per sviluppare il progetto Cosmic Bitcasting con Cécile Lapoire, per lavorare con la tecnologia delle fibre scintillanti. Vorrei anche continuare a fare esperimenti con la geometria frattale e la creazione di antenne, e spero di collaborare con un ingegnere specializzato per massimizzare la mia comprensione delle sue capacità –  ultimamente mi stavo documentando sul rilevamento di microonde attraverso le antenne frattali e sulla possibilità di realizzare un “mantello dell’invisibilità”.

Un’altra cosa che mi interessa è la creazione di cristalli per coltivare e produrre miei personali sistemi elettonici. E, ultimo ma non meno importante, vorrei imparare a tessere e costruire un telaio tutto mio.


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