National Museum of Modern and Contemporary Art - Cheongju, South Korea
13 / 07 / 2021 – 21 / 11 / 2021

La pandemia che ha sconvolto il mondo ha trasformato inaspettatamente la nostra società in un luogo di isolamento volontario. A causa delle misure di “distanziamento” sociale su scala nazionale, ora dei confini invisibili e la distanza fisica ci dividono. Inoltre, mentre la distanza ravvicinata tra esseri umani e animali è stata indicata come una delle cause principali della pandemia, la distanza e la relazione problematica tra noi e “loro” hanno attirato l’attenzione. Si dice che la coesistenza tra uomini e natura sia impossibile in base alla presupposizione tragica per cui la Terra non possa esistere finché ci sono gli umani.

La mostra tratta il modo di pensare antropocentrico e le nostre posizioni sulla flora e la fauna in contrasto con lo scenario della crisi attuale che assume molteplici significati riguardanti il confine tra le relazioni. L’esposizione osserva gli esseri umani e la natura, soprattutto la flora e la fauna, all’interno della cornice “woori” e immagina i confini tra di noi che riusciamo/non riusciamo a vedere. La mostra interpreta la parola “woori” in modo ambiguo, ampliando la definizione di “(noi)woori” per includere la flora, la fauna e anche gli umani. Inoltre, si chiede quale sia la differenza tra isolamento e salvaguardia quando qualcosa si trova all’interno del confine fisico della “(gabbia)woori” in cui gli animali degli zoo e le piante dei giardini botanici vivono in uno stato di isolamento perenne. L’esposizione si interroga su queste domande e riflette su cosa necessitiamo (“noi”) per vivere con gli altri in una “gabbia” e i modi con cui l’arte può dare forma a tali pensieri. Questa mostra, cioè uno zoo senza animali e un giardino botanico senza piante, sarà un’occasione per meditare sulla distanza appropriata tra (noi)woori e (gabbia)woori e sulla creazione delle relazioni.

Courtesy of National Museum of Modern and Contemporary Art, Cheongju.

Il confine tra noi

In generale, usiamo la parola coreana “woori” (che significa “noi” in italiano) per indicare un gruppo di persone, inclusi noi stessi, in maniera amichevole. Al tempo stesso, ha un altro significato, cioè “gabbia”, un luogo dove vengono tenuti e allevati gli animali e il bestiame. Dunque, il termine “woori” comprende partecipazione emotiva ed esclusivismo tra gruppi che creano un confine come quelli fisici. Il primo passo verso la coesistenza potrebbe essere guardare oltre la cornice “woori” e iniziare a pensare al significato di questa parola e alle sue relazioni dal punto di vista degli animali e delle piante. Soltanto allora possiamo ragionare sulla distanza appropriata e sul significato della relazione nata da un “woori” inclusivo che racchiude diversi concetti.

Una coesistenza problematica

Uomini, animali e piante in quanto specie condividono la Terra e ci vivono. Tutti noi siamo esseri viventi che coesistono mentre mantengono le distanze uno dall’altro. Tuttavia, sebbene ognuno di noi dovrebbe vivere nel rispettivo habitat, viviamo tutti in uno spazio troppo affollato a stretto contatto. Così, si crea una coesistenza scomoda in un luogo insolito. La natura artificiale creata dagli uomini assume la forma dell’isolamento e del controllo. Possiamo porci delle domande riguardanti cosa sia naturale riflettendo sul modo complicato con cui coesistiamo e dove gli umani capiscono e prendono decisioni sulla natura basandosi sulle proprie opinioni e interferiscono con la vita e la morte della flora e della fauna.

Al confine della città e della natura

Una città ben organizzata è il risultato della vita umana, mentre la natura è un luogo “oltre la portata degli uomini.” Come tali, le città e la natura sono agli antipodi. Tuttavia, esiste anche la natura controllata dall’uomo nelle aree urbane. Questo tipo di natura artificiale, sviluppata con lo scopo di godere sia delle comodità della vita, sia di vivere nella natura, dipende dalle scelte degli esseri umani. Queste scelte determinano la possibilità di vivere con la natura o distruggerla. Dovremmo meditare sulla vita a metà strada tra natura e artificiosità: terre distrutte per costruire città, piante strappate da una strada asfaltata e animali abbandonati nei cantieri.


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