Aksioma | Project Space - Ljubljana
24 / 02 / 2016 – 25 / 03 / 2016

!Mediengruppe Bitnik (Carmen Weisskopf e Domagoj Smoljo), vivono e lavorano tra Londra e Zurigo. La loro attività si svolge attraverso Internet, partendo dal digitale e arrivando a toccare spazi fisici, spesso rinunciando intenzionalmente al controllo per sfidare le strutture e i meccanismi prestabiliti.

Le opere dei !Mediengruppe Bitnik pongono quesiti fondamentali riguardo a tematiche contemporanee, e sono state esposte a livello internazionale in spazi come Shanghai Minsheng 21st Century Museum, Kunsthaus Zürich, NiMk Amsterdam, Space Gallery London, Cabaret Voltaire Zurich, Beton7 Athens, Museum Folkwang Essen, Contemporary Art Center Vilnius, Beijing “Get It Louder” Contemporary Art Biennial, La Gaîté Lyrique Paris, Gallery EDEN 343 São Paulo e la Roaming Biennale Teheran. Hanno ricevuto inoltre lo Swiss Art Award, il Migros New Media Jubilee Award e l’Honorary Mention Prix Ars Electronica.

L’ambiente virtuale di internet emerge come uno spazio aperto e selvatico, dove la comunicazione è fluente, il contenuto è oggetto di un libero scambio e l’identità è difficile da rintracciare dietro l’opacità di indirizzi IP e nickname. Gli ultimi anni, comunque, sono stati caratterizzati da uno sforzo immane da parte di governi nazionali, organizzazioni internazionali e diverse imprese di esercitare un certo controllo su questa utopia anarchica.

Mediengruppe 2Non senza conflitto, è chiaro: attivisti, privati cittadini e altre organizzazioni e società stanno concentrando le proprie energie nella protezione della “libertà di Internet” su un piano infrastrutturale, ben sapendo che il cambiamento di tali infrastrutture – per qualsiasi buona ragione (la tutela di copyright e brevetti, la lotta al terrorismo, ecc.) – ci farà perdere molto più di ciò che avremo ottenuto. Un conflitto non più classificabile, riduttivamente, come un’entità limitata all’ambito tecnologico: essendo una parte importante delle dinamiche politiche ed economiche attuali, tutti dovrebbero esserne consapevoli.

Lo sviluppo del cosiddetto “darknet” fa parte di questo processo. Tecnicamente parlando, un darknet (o dark net) è un overlay network a cui si può accedere solo grazie a software, configurazioni o autorizzazioni specifici, spesso avvalendosi di protocolli di comunicazione e portali non standard.

Due esempi tipici di darknet sono i network friend to friend (di solito utilizzati per la condivisione di file con connessione peer to peer) e i network anonimi come Tor, che ricorrono a “una serie di connessioni anonime” (da Wikipedia). Analogamente ai network peer to peer o ai forum che consentono l’anonimità, i darknet non sono illegali – né perseguono fini illegali – di default, ma in qualità di spazi liberi e incontrollati è facile che siano demonizzati come ambienti pericolosi e sgradevoli, dove prosperano attività criminali quali terrorismo, spionaggio, pedopornografia e mercato nero.

Come possiamo farci un’idea imparziale di un luogo che cambia d’aspetto a seconda dell’esperienza, della cultura, del pensiero e dei gusti di chi lo visita? Una possibilità è quella di impostare un robot che lo visiti per noi, sulla base di alcune semplici regole predeterminate.

Il Random Darknet Shopper ideato da !Mediengruppe Bitnik, rientra in questa tipologia di robot. Con un portafoglio di 100$ in bitcoins a settimana, e il compito di comprare a caso qualsiasi cosa possa andare bene con il portafoglio e inviarlo al luogo dove il lavoro è esposto, il Random Darknet Shopper va a fare shopping all’Alphabay, un mercato online accessibile tramite un browser Tor con una lista di circa 96132 prodotti, non tutti illegali.

Installato e attivato per la prima volta al Kunst Halle Sankt Gallen in Svizzera per lo spettacolo The Darknet: From Memes to Onionland, curato proprio da !Mediengruppe Bitnik, il software ha comprato e inviato al museo diversi oggetti, compresi un paio di jeans Diesel tarocchi, un cappello da baseball con una fotocamera nascosta, barattoli di droga nascosta, un paio di Nike, una lettera di richiamo (usata per vedere se il tuo indirizzo viene controllato), 200 Chesterfield, una serie di chiavi passpartout utilizzate dai vigili del fuoco, una borsa tarocca di Louis Vuitton e 10 pillole di ecstasy. Come ogni lavoro performativo che si basa su regole aperte, il Random Darknet Shopper accetta il rischio di sviluppi imprevedibili che potrebbero o non potrebbero accadere durante la mostra.

Quando sono arrivate le pillole di ecstasy insieme al Random Darknet Shopper e a tutti gli oggetti acquistati, sono state sequestrate dal pubblico ministero svizzero e sottoposte al vaglio della polizia scientifica, che ha dimostrato che le droghe erano vere. Tre mesi dopo l’opera d’arte e tutti gli oggetti sono stati rilasciati e l’ecstasy distrutta. Come hanno spiegato gli artisti sul loro blog: “Nella decisione del ritiro da parte dell’accusa, il pubblico ministero dichiara che il possesso di ecstasy è stato considerate un sensato mezzo per l’obbiettivo del dibattito pubblico sulla questione legata alla mostra.

Il pubblico ministero afferma anche che il prevalente interesse nel problema fomentato dall’opera d’arte Random Darknet Shopper giustifica la mostra di droghe come reperti, anche se la mostra può presentare un lieve rischio di mettere a repentaglio terzi attraverso le droghe esposte”.

!Mediengruppe Bitnik ha spiegato al Guardian: “L’arte dovrebbe essere in grado di rispecchiare qualcosa che sta succedendo nella società moderna in un modo moderno. Vogliamo davvero fornire nuovi spazi per pensare ai prodotti commerciati su questi mercati. Come vengono commercializzati? Come parliamo noi, in quanto società, di questi spazi? Al momento c’è solamente tanta pressione e si pensa molto poco a queste cose, c’è solamente una reazione immediata”.

Mediengruppe 4 Mediengruppe 3Random Darknet Shopper è stato talmente bravo a far questo che la sua attività è stata riportata su riviste e giornali di tutto il mondo, compresi The GuardianThe Washington TimesTime MagazineArs TechnicaDaily MailViceBoing BoingWiredGawkerDer SpiegelDazed and ConfusedArtnews. Il progetto sarà presentato all’Aksioma Project Space come parte del programma Masters & Servers e sarà accompagnato da una brochure insieme a un nuovo testo scritto dal giornalista e storico d’arte Jon Lackman .


http://aksioma.org/?lang=en

https://wwwwwwwwwwwwwwwwwwwwww.bitnik.org/

http://www.mastersandservers.org/

http://www.drugo-more.hr/wordpress/

http://www.andfestival.org.uk/

http://www.linkartcenter.eu/

http://theinfluencers.org/en

http://jonlackman.com