Fin dai primi anni ’80, le opere audiovisive di John Akomfrah hanno portato avanti alcune delle riflessioni più ampie e forti sulla diaspora africana, sia nel Regno Unito che nel resto del mondo. Inizialmente il lavoro di Akomfrah ha trovato spazio negli anni ’80 all’interno del Black Audio Film Collective, un collettivo di sette artisti fondato nel 1982 in risposta alla rivolta di Brixton del 1981.
Il gruppo ha realizzato una serie di video famosi per il connubio tra filmati d’archivio e found footage, interviste e descrizioni realistiche dell’Inghilterra contemporanea, oltre a collage di suoni stratificati. In opere come Handsworth Songs (1986), Akomfrah e Black Audio hanno evidenziato le forze politiche ed economiche che hanno provocato rivolte sociali in tutta l’Inghilterra.
Le opere di Akomfrah e Black Audio hanno lasciato un segno per le loro acute indagini politiche e per l’approccio fortemente sperimentale. Inoltre, insieme sono stati dei pionieri nel contribuire alla narrazione della storia dei neri anglosassoni e alla diffusione della loro cultura nei media popolari attraverso documentari per la televisione inglese.
Durante gli anni ’90 la ricerca sul soggetto di Akomfrah si è spinta oltre le fratture sociali della società britannica contemporanea per concentrarsi su un contesto storico più ampio, dalla persistente eredità del colonialismo alle radici della contemporaneità nella letteratura classica. Con il volgere del millennio, Akomfrahha anche realizzato una serie di opere atmosferiche dedicate alla memoria storica e personale. Negli ultimi sette anni, i suoi video multicanale si sono via via trasformati in ambiziose installazioni su larga scala, esposte in vari musei in giro per il mondo.
Anche se l’opera di Akomfrah ha avuto un’influenza diretta e profonda sulle generazioni successive di artisti britannici che lavorano a cavallo di vari media, l’importanza delle sue opere non è stata ancora pienamente recepita negli Stati Uniti. Il pezzo forte della mostra presso il New Museum è la nota video-installazione su tre schermi di Akomfrah, intitolata Vertigo Sea(2015).
L’opera, mostrata in anteprima alla Biennale di Venezia del 2015 e presentata per la prima volta a New York presso il New Museum, tratta l’oceano come una forza ambientale, culturale e storica, capace di collegare letteratura e poesia, la storia della schiavitù e le questioni contemporanee di migrazione e cambiamento climatico.
La mostra comprende anche The Unfinished Conversation (2012), una complessa riflessione di Akomfrah sulla vita e sulle idee del teorico della cultura Stuart Hall; Expeditions One: Signs of Empire (1983), la prima opera realizzata dal Black Audio Film Collective; e una nuova versione di Transfigured Night (2013/2018) di Akomfrah, un’opera a due canali che esamina la relazione tra gli Stati Uniti e la storia dell’Africa postcoloniale.
In concomitanza con l’esposizione al secondo piano, quattro delle opere monocanale di Akomfrah e Black Audio Film Collective degli anni ’80 e ’90 sono proiettate ogni mercoledì al primo piano, come parte della Screen Series del museo.
Le opere incluse sono: Handsworth Songs(1986), un documentario molto influente del gruppo Black Audio Film Collective sulla rivolta sociale nei primi anni ’80 in Bretagna; Testament (1988), un’opera di finzione che esamina l’eredità del Ghana postcoloniale; Seven Songs for Malcolm X (1993), una biografia sperimentale del leader politico americano; The Last Angel of History (1995), uno sguardo di Akomfrah sul concetto e le figure chiave dell’Afroturismo.
La mostra è curata da Gary Carrion-Murayari, curatore di Kraus Family e Massimiliano Gioni, direttore artistico della collezione Edlis Neeson. È accompagnata da un catalogo illustrato con saggi di Tina Campt, T.J. Demos, Okwui Enwezor, Aram Moshayedi, Diana Nawie Zoe Whitley.