La Power Station of Art ospita Storage Memory, la prima grande mostra personale in Cina di Christian Boltanski. Nato nel 1944 e ampiamente considerato una figura chiave della scena artistica del secondo dopoguerra in Europa, Boltanski ha esercitato un profondo impatto sullo sviluppo dell’arte contemporanea dall’Europa all’Asia, e ha rappresentato la Francia alla Biennale di Venezia del 2011.
Anche se i ricordi individuali potrebbero rivelarsi fragili, sono ancora pieni di valori autentici ma unici, motivo per cui spesso l’artista sceglie come materiale creativo degli oggetti quotidiani, per costruire una sorta di archivio dell’umanità. Attraverso installazioni, video, elementi sonori e teatri delle ombre, la mostra cercherà di stimolare i legami emotivi dei visitatori a livello visivo, uditivo e psicologico, così da mettere in discussione gli incontri imprevedibili e le esperienze personali in contesti quotidiani e storici.
Una pila di vestiti di quasi 10 tonnellate, centinaia di immagini con volti di bambini ed anziani, così come gli echi di migliaia di battiti cardiaci: insieme tutti questi lavori in mostra alla PSA vanno a costituire una memoria d’archivio che racchiude esperienze personali e storie collettive. Creata per essere una sorta di retrospettiva dell’artista, Storage Memory non mostra solo i lavori più significativi della carriera di Boltanski, ma anche un nuovo progetto appositamente commissionato per lo spazio espositivo della PSA, pensato per il camino alto 165 metri.
La mostra si rivelerà anche un’esperienza esclusiva e coinvolgente, in quanto i visitatori saranno invitati a dare il proprio apporto creativo al lavoro dell’artista, The Archives of the Hearts (Les Archives du Coeur, 2005), registrando ciascuno i battiti del proprio cuore.
Gli eventi che hanno segnato la nascita e l’infanzia di Christian Boltanski – la fine della Seconda Guerra Mondiale e la liberazione di Parigi dall’occupazione tedesca – hanno influenzato anche le sue opere. Dopo aver abbandonato presto la scuola, all’età di 13 anni, Boltanski ha cominciato a dipingere grandi quadri espressionisti che ha presentato nel 1968 con The impossible life of Christian Boltanski, il primo di una serie di film prodotti fino al 1974.
L’artista ha iniziato ad esporre i suoi lavori molto presto: alla Sonnabend Gallery nel 1971, a Documenta di Kassel nel 1972, in una serie di mostre negli Stati Uniti, inaugurata nel 1987 e che ha toccato New York, Chicago e Los Angeles, e poi in molti musei europei negli anni Novanta.
Boltanski ha lavorato sempre di più con la luce e le ombre nelle serie Monuments e Reservations. Nel titolo, Lessons of Darkness riassume questo periodo. Nei primi anni 2000, si è dedicato ad installazioni su grande scala e ha partecipato a performance musicali. Le sue installazioni stanno diventando via via più complesse, incorporando il suono ma anche i movimenti. Le opere di Boltanski rientrano nella categoria di “Arte Totale”.
Negli ultimi anni, l’artista si è dedicato principalmente a grandi installazioni come Personnes, della serie Monumentaal Grand Palais di Parigi, No Man’s Land all‘Armory di New York nel 2010 e Chance al Padiglione francese della Biennale di Venezia nel 2011. Accanto a questi progetti temporanei, realizza anche opere permanenti in continua espansione come The Archives of the Heartsnell’isola di Teshima in Giappone o The Life of C.B.in Australia.
Il curatore Jean-Hubert Martin (nato a Strasburgo nel 1944) ha incontrato Christian Boltanski a Parigi a soli 25 anni. Martin è stato curatore al Musée National d’Art Moderne di Parigi dal 1971 al 1982, e ha lavorato come programmatore per il Centre Pompidou, inaugurato nel 1977. Come direttore della Kunsthalle Bern dal 1982 al 1985, ha organizzato la prima mostra personale di Ilya Kabakov. La sua lunga amicizia con Ilya ed Emilia Kabakov ha portato alla curatela dell’enorme installazione Dream City esposta a Parigi e nella PSA di Shanghai nel 2015.