La mostra di Rachel MacFarlane, Paradise, ti invita a prendere parte al ricordo di un paesaggio, che presenta elementi organici come concreti oggetti di scena sul palcoscenico del suo subconscio. Le sue opere monumentali parlano di molti degli aspetti tipici della pittura paesaggistica: geografia, storia, mitologia, evasione dalla realtà e desiderio, che tuttavia si discostano dalla tradizione. La loro tridimensionalità contrastante ti sfida ad avvicinarti, a respirarne l’aria e a sentire il calore generato dagli ambienti sintetici.
Anche se questi paesaggi sembrano alieni, c’è abbastanza di familiare per ritrovare quei luoghi. Senti di poter trovare quell’erbaccia, raffigurata nel giardino elettrico con tratti verdi e rossi, dai contorni aggressivi. Potresti trovarla nel mondo reale. Fotografala con il telefono. Aggiungi il tuo filtro personale e riconsegnala al regno della luce innaturale per chiudere il cerchio.
Questa consapevolezza della temperatura, della concretezza e della profondità evidenzia una logica pienamente realizzata che tradisce un approccio con il paesaggio diverso da quello di Albert Bierstadt o di Mark Tansey. Deriva dalla costruzione di maquette di carta in miniatura realizzate da MacFarlane, di cui moltissime sono appese alla parete del suo studio. Si sentono nomadi – di dimensione tascabile – mentre i grandi dipinti a cui si ispirano costringono lo spettatore a vagare con lo sguardo.
È da questa posizione che si sperimenta una compressione di momenti, in cui i frammenti di carta raffigurati dai modelli riflettono i vari punti di origine dei dipinti come in un caleidoscopio. Avvolti in una strana luce, queste scene nate dalla mano magistrale di MacFarlane danno vita a paradisi bizzarri che attraggono e minacciano allo stesso tempo. La stupenda versione sintetica della natura realizzata dall’artista gioca con l’ansia generata dall’eccessiva vicinanza al paradiso.
Inizialmente concepito come risposta alle caratteristiche dioramiche di Super Dutchess, MacFarlane ha realizzato un dipinto site-specific, Silver, attraverso la pratica consolidata di osservare meticolosamente le maquette sfaccettate. In seguito alla notizia della pandemia di COVID le è stato chiesto di riconsiderare la possibilità di esporre. Lavorando insieme a Super Dutchess è nata una collaborazione per contrastare l’inattività e l’immobilità della situazione attuale. È stata costruita una nuova maquette con l’intenzione di ospitare virtualmente tutta la galleria con Silver all’interno. Ogni componente della maquette originale è stato sezionato, appiattito, scannerizzato e poi importato in una replica digitale.
Il risultato di questa nuova trasformazione si riscontra nella prima animazione in assoluto dell’opera di MacFarlane, Beacon, che introduce i suoi paesaggi profondamente tangibili in uno spazio digitale malleabile, dove tutta la fisica e la luce vengono reinventate. Anche se questa animazione scoperta recentemente sviluppa le dimensioni del diorama originale, in parte si allontana ulteriormente dalle sue origini di pittura paesaggistica. Il dipinto 5×6 di MacFarlane – esposto secondo la presentazione inizialmente voluta – è appeso in uno spazio miniaturizzato della galleria alla base di un canyon di carta dove il colore e la luce riverberano in modo dinamico. Viene mostrata una scena surreale: una finestra all’interno di un’ecologia alternativa caratterizzata da una diversa temperatura, torbidezza e durata temporale.