Dal 16 dicembre 2006 al 16 gennaio 2007, il Casoria Contemporary Art Museum ha proposto una colossale mostra itinerante progettata e curata da Agricola de Cologne e da Antonio Manfredi. Ma il piccolo e intraprendente museo napoletano non si è fermato lì, accogliendo questa ampia scelta di opere – 260 opere multimediali, audio, video e fotografiche più 100 testi di scrittura creativa e poesia visiva, per un totale di 360 artisti nella sua collezione permanente.
A rendere possibile tutto ciò è stata anche la particolare concezione di questa impresa. Selfportrait – a show for Bethlehem – show for Peace è un progetto espositivo concepito da Wilfried Agricola de Cologne, uno dei più attivi e prolifici artisti e curatori di New Media Art, come un messaggio di pace, convogliato da una pratica universale e universalmente comprensibile, l’autoritratto, come affermazione di un’esistenza volta alla cancellazione di ogni separazione culturale e dalla natura duttile del medium digitale.
La mostra consiste di un archivio di autoritratti digitali in forma di immagine, video, suono o testo liberamente consultabile online, ma che esplode nello spazio in forma di stampa, proiezione o installazione sonora quando si crea l’occasione adeguata. Per ora, la mostra è stata installata, oltre che a Betlemme (luglio 2006) e a Casoria, a Szcczecin in Polonia (ottobre / novembre 2006) e al MAC – Museo de Arte Contemporaneo di Santa Fe (dicembre 2006); in febbraio verrà proposta al MACRO – Museo de Art Contemporaneo di Rosario.
![]() |
.
La decisione del museo napoletano di far entrare la mostra nella sua collezione permanente apre intanto una nuova prospettiva per le istituzioni museali italiane, che per ora non si sono ancora poste il problema di come esporre, archiviare e conservare i media digitali. Ed è proprio di queste problematiche che abbiamo discusso con Agricola de Cologne.
Domenico Quaranta: “Selfportrait” è un progetto imponente, con più di 300 artisti partecipanti. Come sei riuscito a metterlo assieme?
Wilfried Agricola de Cologne: Come rivela il titolo, la mostra è stata realizzata per Betlemme. La selezione originale era un poco più ridotta della mostra attuale, perché lo spazio espositivo era più piccolo. Il tema dell’autoritratto non mi è nuovo, poiché negli anni passati ho realizzato diversi progetti online su questo tema, affrontandolo ogni volta in maniera diversa. Quando fui invitato a curare una seconda mostra di media art per Betlemme (la prima risale al 2005), non dovetti ripartire da zero, perché potevo attingere al progetto precedente. In realtà , gli artisti invitati a prendere parte a questa mostra costituiscono la base di un ampio progetto che può essere riallestito in un tempo relativamente breve. In questo, ci ha aiutato molto il concept iniziale, che prevede che l’intero materiale espositivo esista in forma di file digitali, e che per la produzione della mostra non siano necessari investimenti ingenti.
Sin dall’inizio, l’idea era di presentare la mostra nello spazio fisico non solo a Betlemme, ma anche in seguito in altri luoghi. Ma per farlo era necessario estendere la selezione, in particolare rimpolpando la sezione video e stampa digitale, e soprattutto aggiungendovi SoundLAB Edition IV (Memoryscapes), una raccolta di sound art appena completata e unica nel suo genere, allo scopo di dare a questo aspetto importante dell’arte digitale una maggiore rilevanza. Un sacco di feedback positivo conferma la mia personale convinzione che questa mostra sia, nel suo complesso, un’opera d’arte a sé .
![]() |
.
Domenico Quaranta: Che accoglienza c’è stata nelle altre sedi?
WAdC: Finora ci sono state due mostre, la prima a Betlemme in Palestina (luglio 2006) e la seconda a Szcczecin in Polonia (ottobre / novembre 2006). In entrambi i casi la mostra e la presentazione di media art rappresentava qualcosa di nuovo, e ha ricevuto un’accoglienza molto positiva. In riferimento all’arte contemporanea come la concepiamo noi occidentali, la Palestina è un paese sottosviluppato. Anche se gli artisti palestinesi che vivono altrove potrebbero dare un’impressione diversa, la Palestina è un paese fondamentalmente arabo e islamico, e l’educazione artistica come la intendiamo noi sta iniziando ora.
Molti progetti occidentali ospitati in Palestina fanno riferimento c’ è da sorprendersi? – alla guerra e alla violenza, e si fondano sulla relazione fra Israele e la Palestina. I locali sono stanchi di arte che li costringa a confrontarsi continuamente con la loro vita quotidiana. La mia idea era di portare alla gente di Betlemme un’arte che, invece di deprimere, ispirasse, aprendo le porte al nuovo. In effetti, l’idea che gli artisti superino il grande muro che si erge fra Israele e Palestina e diventino messaggeri di pace attraverso i loro autoritratti eseguiti con le nuove tecnologie ha avuto questo effetto, o per lo meno la risposta del pubblico mi ha dato questa impressione.
Anche se in Polonia la situazione dell’arte e della cultura è decisamente diversa, la situazione della media art è abbastanza simile, dato che l’adozione della tecnologia come strumento artistico è ancora poco sviluppata anche l ì .
![]() |
.
Domenico Quaranta: Il Casoria Contemporary Art Museum acquisirà l’intero progetto espositivo. In che modo?
WAdC: Questa terza domanda è molto delicata […] Certo non è un segreto che la mostra diverrà parte della collezione permanente del museo di Casoria, non tramite una acquisizione ma tramite una donazione. […] Tieni presente la quantità degli artisti partecipanti e dei loro lavori; che io sono solo l’organizzatore e il curatore della mostra, non il proprietario dei lavori in mostra, né l’agente o il gallerista degli artisti coinvolti; e il fatto che non esista una misura per valutare l’arte digitale in genere, e le differenti tipologie di media presenti in particolare.
Non serve molta immaginazione per capire che sarebbe stato semplicemente impossibile organizzare l’acquisizione dell’intera mostra in queste circostanze, considerato che gli artisti vengono da trenta paesi diversi e che si sarebbe dovuto negoziare con ogni artista separatamente. Il museo non sarebbe mai stato in grado di farlo, né tanto meno io in rappresentanza degli artisti. Già organizzare la donazione è stato un capolavoro di logistica e mi ha succhiato tanto tempo ed energia da sembrare impossibile, ma alla fine è diventata realtà .
In ogni caso, il museo produce la mostra (fra cui 50 stampe digitali) e riceve la copia o il clone di un’opera d’arte in dono, ma gli artisti mantengono il ” sorgente ” e tutti i diritti. Tutto ciò non era pianificato dall’inizio, ma è successo, ed è un esperimento, e come tale è stato inteso da tutte le parti in gioco.
![]() |
.
Domenico Quaranta: Come il museo affronterà il problema di archiviare e preservare questo genere di lavori (mi riferisco in particolare ai lavori multimediali e a quelli in Rete)? Sai se ha intenzione di costruire un contesto attorno a questo complesso di opere?
WadC: Questa è una domanda interessante, anche se è necessario notare che la mostra non include nessun lavoro propriamente online. La mostra è completamente online, ma l’interfaccia usata in rete è esattamente la stessa mostrata dai computer in mostra, e che gira su DVD. Ma hai ragione, la questione della conservazione dell’arte digitale rappresenta una delle grandi sfide del futuro, tanto per l’arte Internet-based quanto per quella che usa supporti di archiviazione come i CD-rom e i DVD.
Personalmente sono sicuro, sulla base del nostro reciproco accordo (quello fra il museo e me come rappresentante degli artisti coinvolti) che il museo abba colto questa occasione pressoché unica per cominciare a discutere e ad affrontare i temi della conservazione dell’arte digitale in generale, e di questa collezione in particolare. E dal momento che nemmeno i maggiori esperti di tecnologia hanno trovato finora la soluzione ideale per conservare le opere d’arte digitale per le future generazioni in maniera appropriata, la mostra, specialmente dopo essere stata incorporata nella collezione permanente del museo, sarà usata come oggetto di ricerca per rispondere a molte di queste domande.